Così la Lega prova di nuovo a stoppare la norma salva-Mediaset

Una settimana fa, al Senato, si era parlato di un incidente. Ma stavolta l'atto ostile è esplicito: Salvini ordina la ritorsione contro il Cav. per stoppare il dialogo tra Pd e Forza Italia

Valerio Valentini

Salvini decide di dichiarare guerra aperta al Cav. e ordina ai suoi deputati di presentare alla Camera una pregiudiziale di costituzionalità contro il decreto Covid che contiene l'emendamento che protegge il Biscione dalla scalata di Vivendi

Fermare la salva-Mediaset, e con lei la via del dialogo verso le larghe intese. Dicevano che s'era trattato di una svista, di un fraintendimento: un corto circuito comunicativo in cui di mezzo c'era andata Mediaset, cioè il Cav., cioè la tenuta del centrodestra. Un errore innocente, aveva garantito Matteo Salvini al leader di Forza Italia. E invece, a distanza di neppure una settimana da quello scivolone avvenuto al Senato, la Lega pianifica un nuovo blitz contro lo stesso obiettivo, e lo fa con un'accuratezza di modi e di strategie che non può giustificarsi in altro modo se non come un deliberato atto di ostilità nei confronti dell'alleato. E così il Carroccio ha depositato stamattina una pregiudiziale di costituzionalità sul decreto Covid, quello che appunto contiene l'emendamento incriminato. Il provvedimento sarebbe illegittimo, sostengono i deputati leghisti, perché troppo eterogeneo, e cioè composto da misure che non si giustificano alla luce dell'emergenza pandemica a cui il decreto è dedicato.

 

E che non si tratti di un nuovo incidente, lo dimostra il fatto che, il primo articolo citato ad esempio per dimostrare la tesi dell'incostituzionalità, è proprio il 4-bis, ovvero quello che protegge Mediaset dalle mire di Vivendi, depositato al Senato dalla dem Valeria Valente e già contestato dal Carroccio. Ecco il testo del reclamo: "il provvedimento approvato dal Senato consta ora di 11 articoli, dal contenuto del tutto disomogeneo tra loro, come esplicitato anche nel titolo, detta nuove norme anche in settori afferenti a materie diverse ed eterogenee, come l’articolo 4-bis, per esempio, che reca “disposizioni in materia di comunicazioni” al fine, ad avviso dei firmatari del presente atto, di aggirare sostanzialmente l’esito determinato dalla nota sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 3 settembre 2020, C-719/18 a seguito del ricorso presentato dalla società Vivendi contro l'Autorità per le garanzie delle comunicazioni e Mediaset SpA". 

 

E d'altronde anche la forma, conta. Perché se è vero che anche Fratelli d'Italia ha presentato una pregiudiziale analoga, è anche vero che nel testo dei meloniani non si cita mai Mediaset, e all'articolo 4-bis si fa solo un rapido accenno.

 

Se mai la richiesta venisse accolta, ai sensi dell'articolo 40 del regolamento di Montecitorio, l'analisi e l'approvazione del decreto finirebbe per slittare oltre la data limite del 16 dicembre. E' quello, infatti, il giorno fissato dal Tar del Lazio per l'udienza di merito sul ricorso presentato da Vivendi, che aveva protestato contro l'ordinanza dell'AgCom che di fatto stoppata la scalata a Mediaset del francese Vincent Bolloré. Se entro quella data non venisse convertito il decreto, e dunque l'emendamento che concede all'AgCom sei mesi di tempo per una nuova istruttoria congelando dunque il contenzioso in corso fino all'estate 2021, per il Biscione sarebbe un problema. 

 

Insomma, Salvini tenta un estremo tentativo di sabotaggio dell'operazione delle larghe intese, quella cioè benedetta da Nicola Zingaretti e dal Cav. per imbastire un dialogo costruttivo tra maggioranza e opposizione in vista della legge di Bilancio e del Recovery plan. Una mossa che rischierebbe di far fibrillare la coalizione di centrodestra marginalizzando il fronte sovranista di Lega e Fratelli d'Italia nel recinto dell'opposizioni dura e pura. E dunque: todo modo per stracciare la tela del Nazareno. E provare a colpire il Cav. in ciò che gli è più chiaro, e cioè le aziende di famiglia, deve apparire agli occhi di Salvini un modo assai efficace, se non minatorio. Che la scelta di depositare la pregiudizale di costituzionalità non sia frutto dell'iniziativa di una sparuta pattuglia, del resto, lo dimostrano le firme in calce al documento: perché, insieme a quelle di Panizzut, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini e Locatelli, c'è quella del capogruppo a Montecitorio, Riccardo Molinari.  

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.