Il Capitano prima organizza una scomposta operazione contro il Biscione, poi chiama Berlusconi e si scusa. Segno di un partito nel caos, che venerdì processerà Fontana, Gallera e tutta la giunta del Pirellone
La telefonata di scuse è arrivata che il fattaccio s’era appena compiuto. “Silvio, ma figurati. Quale segnale di ostilità? E’ solo che avevo dato mandato ai miei di votare sempre conto il governo, e quell’emendamento c’è finito di mezzo”. Tutto chiarito, quindi. Anzi no. Perché l’emendamento in questione, quello presentato dal Pd e appoggiato da tutti, in commissione Affari costituzionali al Senato, fuorché dalla Lega, è uno di quelli che tocca ciò che per il Cav. c’è di più caro: e cioè Mediaset e il suo futuro, la possibilità di respingere la scalata ostile di Vivendi. “Quelli - sospira chi ha avuto modo di sentire il quartier generale di Arcore - sono i fili dell’alta tensione”. E dunque Salvini ora ha un bel dire che s’è trattato di una svista, di un errore. Ma in mattinata, quando nulla sembra preludere all’incidente, Anna Maria Bernini, capogruppo azzurra a Palazzo Madama, avvicina l’omologo leghista Massimiliano Romeo, gli ricorda l’importanza del voto, si premura che sia tutto chiaro. “Tutto a posto”, sorride Romeo.
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