Mimmo Parisi con Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Parisi val bene una messa

Valerio Valentini

Nannicini, Gribaudo e Marcucci chiedono le dimissioni di Mr Navigator ma il Pd preferisce l’accordo col M5s

Roma. Verrebbe da dire che un residuo di serietà forse ancora esiste, nel situazionismo della legislatura, se è vero che di buon mattino, a leggere sui giornali che Mimmo Parisi si bea del sostegno di Matteo Salvini, mezzo Pd ha un sussulto. Che il presidente dell’Anpal si faccia forte della solidarietà del leader dell’opposizione, pare troppo. Per Andrea Marcucci, capogruppo dei senatori dem, la misura è colma: “Penso che Parisi debba prendere atto della situazione e fare un passo indietro”. 

 

 

“Peraltro – prosegue Marcucci – informo Parisi che il gradimento di Salvini non è esattamente il miglior viatico per conservare il suo incarico”. E però nel situazionismo ci siamo dentro eccome, a ben vedere. Perché se mezzo Pd sviene, l’altra metà semplicemente si stringe nelle spalle, vedendo nello scivolone di Parisi un inciampo inevitabile lungo un percorso segnato. Se al Nazareno nessuno che conti osa dire nulla sul disastroso mandato di “Mr Navigator”, il professore arrivato dal Mississippi a regalare all’Italia la meraviglia del reddito di cittadinanza, è perché alle sue spalle si sta consumando un gioco di palazzo che appare assai misero, se lo si legge nella filigrana dei dati dell’Istat di questi giorni, che parlano di 400 mila posti di lavoro bruciati a causa del Covid. Perché proprio dentro l’Agenzia nazionale per le politiche attive, o meglio intorno a essa, quella alleanza organica che Dario Francechini vagheggia tra il Pd e il M5s si è già realizzata. E in parte passa dall’indolenza con cui Francesca Puglisi – sottosegretario al Lavoro dem vicina a Gianclaudio Bressa e dunque, comme il faut, fedele seguace del quieta non movere predicato proprio dal capodelegazione del Pd – osserva lo sbraco dell’Anpal senza dire nulla. “Bisognerebbe commissariare l’agenzia”, tuonano da mesi i dem Chiara Gribaudo e Tommaso Nannicini. Ma perché farlo davvero, quando lo si può fare senza dirlo?

 

  

Ed è così che una buona parte del Pd ha trovato un’intesa formidabile col ministro grillino del Lavoro Nunzia Catalfo. La quale lavora in sintonia perfetta con Raffaele Tangorra, il suo segretario generale, vero uomo macchina del ministero e tecnico di consumata esperienza, legato da antica consuetudine alla sinistra del Pd. Tangorra è stato tra i più determinati censori, negli scorsi mesi, dei comportamenti di Parisi, scontrandosi però spesso contro lo scudo di protezione del presidente dell’Anpal, che gode tuttora, chissà perché, della benedizione di Rocco Casalino e dunque di Palazzo Chigi. Per cui il disegno del ministero, neppure troppo velato, mira ora a smantellare l’Anpal stessa, svuotandola delle sue funzioni: è così che si spiega il tentativo, ideato dalla Catalfo nel dl “Rilancio” e poi sventato per volere di Luigi Di Maio, di riportare la competenza delle Politiche attive sotto il controllo diretto del ministero. Ed è così che si spiegano le manovre, pure queste fermate in extremis, di affidare al ministero il coordinamento del Fondo sociale europeo, che poi è la cassa a cui l’Anpal attinge. Poco male, comunque. Perché a reggere i cordoni di quella borsa, nei fatti, è la direttrice generale dell’Agenzia, e cioè quella Paola Nicastro che con Parisi è in pieni conflitto, e che dunque per inerzia si è ritrovata vicina a Catalfo e Tangorra. Privato di una buona parte della sua autonomia di spesa, Parisi può fare ben poco, quand’anche volesse. Anche perché il cda di Anpal è controllato in parte dalla Catalfo, e in parte da Nicola Zingaretti, dacché in rappresentanza delle regioni c’è il suo assessore al Lavoro, Claudio Di Berardino: e se sono già tre cda di fila che si risolvono in un nulla di fatto, col conseguente slittamento del piano industriale che dovrebbe varare la “fase due” del reddito di cittadinanza, non è dunque una sorpresa.

 

Né lo è, alla luce di questa guerriglia inconcludente, il blitz che Matteo Salvini, col suo fido scudiero Claudio Durigon, sta provando a mettere in atto. Quando sono andati a rendere omaggio a Parisi, mercoledì, i leghisti lo hanno fatto sapendo che, con l’accresciuto peso del centrodestra nella conferenza delle regioni, anche il ruolo dello zingarettiano Di Berardino verrà messo in discussione. Tutto un chiacchiericcio che è arrivato anche alle orecchie di Matteo Renzi: il quale ieri mattina, prima di iniziare la presentazione della sua “Mossa del cavallo”, s’è andato a rileggere il passaggio che nel libro aveva dedicato a Parisi. E deve averlo trovato meno perentorio di quanto pensasse, se poi, salito sul palco, l’ha messa giù più dura: “Ora che attendiamo dall’Ue i 20 miliardi del fondo Sure, forse è bene chiedersi se a gestire le politiche attive possa davvero essere questa Anpal qui”.

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