La mini-Tav grillina su una linea morta. La Lega dice no

Valerio Valentini

Il capogruppo del Carroccio alla Camera, Riccardo Molinari, smentisce la notizia di un suo via libera allo stravolgimento del piano originario della Torino-Lione

Roma. Quando ha letto sui giornali che lui avrebbe dato parere favorevole al progetto alternativo della Tav, quasi è sobbalzato. “Ma quando mai?”, risponde Riccardo Molinari, il capogruppo della Lega alla Camera dal quale, stando a quanto riporta Il Fatto Quotidiano, i sindaci No Tav della Valsusa – e in particolare uno, Nilo Durbiano, ex primo cittadino di Venaus – avrebbero ricevuto un sostanziale via libera sullo stravolgimento del piano originario della Torino-Lione.

 

“L’unico incontro sul tema con Durbiano – racconta Molinari – è avvenuto a dicembre, a una cena natalizia della Lega a Cuneo. C’erano decine di persone che venivano a parlarmi, e tra queste Durbiano che mi mostrò dei fogli: io mi limitai a rispondere che ci avrei avrei dato uno sguardo”. La trattativa tra i sindaci No Tav e la Lega, insomma, finisce qui. Il sedicente progetto recupera l’idea cara ai grillini del potenziamento della linea storica del Frejus. Comporterebbe di ristrutturare il tunnel del 1871, a 1300 metri d’altezza, destinandolo alla direzione Italia-Francia, e scavarne un altro, 300 metri più giù, per garantire il senso di marcia inverso. Il tutto col beneficio – per i No Tav – di scavare solo 15 chilometri di tunnel, con una spesa ipotetica stimabile in un quinto rispetto a quella prevista per la Tav. E però consistenti rimarrebbero i problemi: la pendenza elevata per raggiungere i tunnel (così elevata – circa il 33 per mille – da escludere il progetto dai finanziamenti europei), i rischi legati al mantenimento di una galleria ormai vecchia di 148 anni, il disincentivo al cambio modale, la sospensione di lavori già avviati per lo scavo del tunnel di base. Senza contare, poi, che questo nuovo progetto andrebbe comunque concordato coi partner francesi e con l’Ue, e approvato solo a seguito di un nuovo trattato internazionale votato in Parlamento da una maggioranza al momento inesistente.

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