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L'inutile polemica di Di Maio: Salvini non ha dato nuovi poteri ai prefetti

Rocco Todero

Non è il Ministro che attribuisce ai prefetti il potere d’emanare i provvedimenti indispensabili per la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, ma è la legge. Fact-checking 

Il lettore che nelle ultime ore ha sfogliato le pagine on line dei principali quotidiani nazionali, ha appreso che Matteo Salvini, in qualità di ministro dell’interno, avrebbe attribuito ai prefetti italiani il potere speciale di sostituirsi ai sindaci per l’esercizio delle funzioni amministrative eccezionali in materia di sicurezza e degrado urbano.

 

Il leader della Lega ancora una volta è stato rappresentato dalla stampa nostrana nelle vesti del custode della politica securitaria, di colui, cioè, che sarebbe pronto in ogni circostanza a dare ordini a chicchessia pur di mettere al riparo la vita e la tranquillità degli italiani.

 

Contemporaneamente lo stesso lettore ha altresì appreso come il vice ministro Di Maio non abbia gradito la sortita del titolare del Viminale ed abbia replicato che a scegliere gli organi di governo locale devono essere i cittadini e non certo l’autorità centrale dello Stato.

 

Peccato però che all’interno del nostro ordinamento giuridico esiste un principio fondamentale, il cosiddetto principio di legalità, secondo il quale nessuna autorità amministrativa può esercitare alcun potere se questo non gli è attribuito dalla legge e se la stessa fonte del diritto non ne disciplina le modalità d’esercizio.

 

Non è possibile, pertanto, che il ministro dell’interno attribuisca ai prefetti un potere che non sia conferito loro già dalla legge e infatti Matteo Salvini non ha assegnato ai rappresentati locali del governo alcun potere aggiuntivo rispetto a quello di cui sono da tempo titolari.

 

Ai sensi del comma 4 dell’articolo 54 della Testo Unico delle Enti Locali "Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana".

 

Il successivo comma 4 bis prevede poi che "I provvedimenti adottati ai sensi del comma 4 concernenti l'incolumità pubblica sono diretti a tutelare l'integrità fisica della popolazione, quelli concernenti la sicurezza urbana sono diretti a prevenire e contrastare [le situazioni che favoriscono] l'insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di persone, l'accattonaggio con impiego di minori e disabili, ovvero riguardano fenomeni di abusivismo, quale l'illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all'abuso di alcool o all'uso di sostanze stupefacenti".

 

Il comma 11 del medesimo articolo scandisce a chiare lettere, infine, che nel caso di inerzia del sindaco o del suo delegato, il prefetto possa intervenire con proprio provvedimento.

 

Appare evidente come sia la legge, e non il Ministro dell’Interno, ad attribuire ai Prefetti il potere–dovere di vigilare sul comportamento dei sindaci al fine d’evitare che la loro eventuale inerzia impedisca la cure degli interessi pubblici individuati dalla legge.

 

Al titolare del Viminale spetta, semmai, il dovere di far sì che all’inerzia dei sindaci non segua quella delle prefetti e che, in sostanza, il controllore non sia altrettanto negligente del controllato.

  

Nei suoi indirizzi operativi del 17 aprile, comunicati a tutti i prefetti della repubblica, Matteo Salvini si è limitato ad elencare gli strumenti legislativi che l’ordinamento giuridico mette a disposizione dei sindaci italiani (quelli specificamente indicati negli articoli 50 e 54 del TUEL) e, diversamente da quanto affermato pressoché unanimemente dalla stampa nazionale e acriticamente recepito da Luigi Di Maio, non ha attributo alcun nuovo potere ai rappresentanti locali del governo.

 

Il Ministro, molto più modestamente, si è limitato a ricordare che i prefetti potrebbero utilizzare anche il grimaldello dell’ordinanza contingibile e urgente, anch’esso già previsto per legge dall’articolo 2 del Regio Decreto n.773 del 1931 (sì, avete letto bene); non prima però d’avere convocato "specifiche riunioni del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, nel cui ambito dovrà essere avviata un previa disamina delle eventuali esigenze di tutela rafforzata di taluni luoghi del contesto urbano".

 

Com’è evidente non è il Ministro che attribuisce ai prefetti il potere d’emanare i provvedimenti indispensabili per la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, ma è la legge, per come interpretata, peraltro, dalla Corte costituzionale italiana che, con sentenza 23 maggio 1961, n. 26, ha specificato che qualsiasi potere straordinario delle prefetture deve rispettare, in ogni caso e in ogni tempo, i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico.

 

Niente di nuovo sotto il sole dello Stato di diritto. Almeno per ora.

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