Giorgio Sorial (foto LaPresse)

Sorial e Vanin: ecco chi aiuterà Di Maio per le crisi aziendali

Valerio Valentini

Uno è celebre per aver dato del “boia” a Giorgio Napolitano, l'altro si è distinto per essere una "pop star mancata"

Roma. Chicco e Giorgio. Giorgio e Chicco. I tanti lavoratori, con sindacalisti al seguito, che in questi giorni hanno manifestato davanti all’entrata del ministero dello Sviluppo o sulla soglia di quello del Lavoro, entrambi presidiati da Luigi Di Maio e da un manipolo di fedelissimi collaboratori mandati direttamente dalla Casaleggio, se li saranno sicuramente trovati davanti. Giorgio e Chicco: sono loro, infatti, che si occuperanno di crisi aziendali in nome e per conto del capo politico, che li ha voluti al suo fianco risparmiandoli così a un destino d’ozio e anonimato. Del resto, a volere ricorrere al lessico grillino d’ordinanza, i due andrebbero senz’altro qualificati come due “trombati”, di quelli che poi, secondo quanto sentenziava il Sacro Blog nel febbraio del 2012, la vecchia politica trova sempre “il modo” di “sistemare con incarichi di sottogoverno”.

 

Giorgio, infatti, è Giorgio Sorial. Bresciano di origine egiziane, eletto alla Camera nel marzo 2013 e resosi noto, di lì a breve, per avere dato del “boia” a Giorgio Napolitano. E del resto è anche per questa sua spudorata sobrietà, che l’arrembante deputato, sempre in sintonia con Alessandro Di Battista, si guadagna una sua notorietà. Si occupa perlopiù dei dossier economici, ed è lui che segnala ai vertici del M5s quel giovane professore “anti-pil” che insegna a Pretoria, quel certo Lorenzo Fioramonti, che tanto bene starebbe nei panni di ministro dello Sviluppo economico. Insomma Sorial è una figura assai famigliare, ai frequentatori del Transatlantico. Lo è rimasto anche in questi mesi che hanno seguito il voto, nonostante il 4 marzo non avesse ottenuta la tanto agognata rielezione. E però non si è demoralizzato: ha anzi cominciato a proporre ai neo eletti a cinque stelle, stando a quanto questi raccontano, dei propri consulenti parlamentari: collaboratori, staffisti, esperti legali. “Era un’idea che poi è abortita”, garantisce lui. Che tuttavia, il suo posto al sole, a Via Veneto, ha provato comunque a procurarselo: proprio attraverso il suo “wannabe minister” dello Sviluppo, pure lui finito azzoppato nella corsa per le poltrone che contano. Un po’ perché, con la vera plenipotenziaria in tema di economia, Laura Castelli, Fioramonti non ha mai trovato il feeling giusto; un po’ perché alla fine anche Rocco Casalino, novello Minosse che, solo o quasi, decreta sulle fortune mediatiche – che è come dire: sulle fortune, e basta – dei grillini, lo ha lasciato nell’ombra. Sorial, però, comunque qualcosa ha ottenuto lo stesso.

 

E così ora, accanto a Di Maio, al Mise potrà evidentemente mettere a frutto le sue competenze in tema di “business administration” maturate durante i suoi (pochi) anni spesi a Dublino nei ranghi di una società di consulenza aziendale. Dovesse incontrare difficoltà, potrà senz’altro contare sul sostegno del suo collega Chicco. Che poi sarebbe Francesco Vanin, appassionato videomaker nato ad Aviano 57 anni fa e affacciatosi alla fama nazionale, per qualche mese, nel 2011, quando la sua idea di rilevare un ristorante e farne una specie di set televisivo dove trasmettere immagini della sua Pordenone – Pnbox si chiamava, e lui la presentava come una “resturant tv” – parve un’idea geniale. Che lui stesso, però, abbandonò nel 2013, per provare, col Movimento di cui da anni era attivista, l’avventura politica. Alle regionali del Friuli di quell’anno non gli andò benone: 517 voti e nessun seggio.

 

Non passò molto, tuttavia, perché Vanin, suonatore di chitarra e, per sua stessa definizione, “pop star mancata”, si potesse riciclare come portaborse dell’eurodeputato grillino Marco Zullo, amico sia del veronese Mattia Fantinati – nome pesante, nel Movimento, e non a caso appena promosso sottosegretario di stato con delega alla Pubblica amministrazione – sia del triestino Stefano Patuanelli, appena scelto da Di Maio come capogruppo al Senato. Sembrano queste, insomma, le vicinanze preziose che devono avere garantito a Vanin la promozione al Mise. Lui, nel salutare gli amici pordenonesi che gli chiedevano dove stesse andando, lunedì scorso rispondeva “destinazione cambiamento”. Anche se non si capisce bene quali siano le sue competenze in materia di crisi aziendali – lui che s’è dedicato un po’ alla moda, gestendo un outlet che poi ha venduto, un po’ alla web tv e alla ristorazione, ma solo per una manciata d’anni. “Con il 70 per cento di tassazione, avere un'impresa in Italia è impossibile”, si lamentava nel novembre del 2014. E vabbè. Sta di fatto che, proprio nel suo ruolo di aspirante portavoce di Zullo, nell’agosto del 2013 Vanin scriveva un “progetto di comunicazione per il M5s”: un lungo testo in cui, oltre a criticare velatamente la strategia mediatica di Beppe Grillo, proponeva anche di ricorrere in maniera più intensiva alla Tv. E, tra le soluzioni proposte, c’era quella di “acquisire e gestire un Canale a 5 stelle per entrare nelle case di tutti senza mediazioni”. Un canale a cinque stelle, tutto per loro. E sì che al Mise Di Maio avrà anche la delega sulle telecomunicazioni.