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Lo sforzo di Leu per non apparire ininfluente

Marianna Rizzini

Grasso ora cerca di capire come evitare di essere considerati, nel centrosinistra, non tanto inutili quanto disutili. Il paradosso di poterlo diventare soltanto come “aiuto di”

Roma. Il punto, a sinistra-sinistra, ora come ora è un punto controverso: come riuscire a non essere ininfluenti, ci si domanda alla vigilia dell’urna dalle parti di Leu, in caso ci si trovi in uno scenario da coalizione governativa grande o piccola che dir si voglia, specie dopo le uscite di Pietro Grasso a “Porta a Porta” – poi smentite, e ieri da Palermo ancora aggiustate – sulla eventuale disponibilità a dare un aiuto al Pd e a FI per un governo di scopo, fino alla scrittura di una nuova legge elettorale?

 

E come evitare di essere considerati, nel centrosinistra, non tanto inutili quanto disutili (del tipo: “Siete quelli che, per colpire Renzi, avete rosicchiato i cosiddetti voti utili?”). Come fare, insomma, a essere visti almeno come un contenitore di buone intenzioni, magari non del tutto pieno (o peggio vuoto), ma appunto utile?

 

“Nessun governo con la destra. Se non c’è una maggioranza noi siamo pronti a sederci a un tavolo parlamentare per fare una legge elettorale che possa far tornare al voto gli italiani. Solo questo siamo disponibili a fare”, dice ora Grasso, nel contempo sottolineando la distanza dai Cinque stelle: “Il M5s ha temi che sono assolutamente incompatibili con LeU, come la sua posizione sull’immigrazione, sull’euro, sull’Europa. Quindi non si possono trovare con loro delle coincidenze, dei punti di contatto”. Intanto però, da Bologna, Pier Luigi Bersani appariva meno tranchant nel metodo suggerito: “E’ proprio continuando a demonizzare i Cinque stelle che il Pd e le altre forze politiche lo faranno vincere…”. E a chi gli chiedeva se fosse disposto a sostenere un eventuale governo Gentiloni diceva: “Se stiamo parlando di larghe intese non ci stiamo… Non ci stiamo per una questione di igiene mentale… Cinque anni fa non ho fatto un governo con Berlusconi e potevo farlo perché pensavo che i coperchi sulle pentole a pressione non possono funzionare, ci vuole un riformismo radicale che incroci problemi, disagi e disuguaglianze, se invece si pensa che la governabilità sia mettere sempre delle pezze lo facciano ma a noi non interessa”.

 

Fatto sta che, negli ultimi giorni, anche per via dell’urgenza di apparire utili, il martellamento sui contenuti si era fatto intenso: ogni volta che un esponente di Leu di area Mdp andava in tv, voleva giustamente parlare di contenuti (della serie: scissionisti sì, ma per un motivo di sostanza). Solo che i contenuti, specie in tema di “scenario post-voto”, non erano esattamente sovrapponibili tra Mdp, Sinistra Italiana e Possibile, motivo per cui, nelle interviste, i candidati di LeU insistevano più volentieri sui temi economico-sociali, meno divisivi all’interno del recinto rosso. In questo senso, proprio a ridosso della chiusura della campagna elettorale, l’uscita di Grasso a “Porta a Porta”, anche se corretta, riportava alla mente degli esponenti non-Mdp del rassemblement di sinistra – con una certa apprensione – le parole dell’ex premier Massimo D’Alema, che poco più di un mese fa, in un’intervista al Corriere della Sera, aveva evocato lo scenario “governo del presidente” con queste parole: “Una convergenza di tanti partiti diversi attorno a obiettivi molto limitati. E noi, che siamo una forza radicata nei valori democratici della Costituzione, della solidarietà, dell’uguaglianza, del lavoro, daremo il nostro contributo, ponendo discriminanti di carattere programmatico per noi irrinunciabili”.

 

Acqua sotto i ponti ne è passata (tutta la breve campagna elettorale), ma per quanto LeU si sia ingegnata per far sì che Grasso bucasse lo schermo e i contenuti arrivassero in primo piano, ha poi faticato a imporsi nel dibattito. E però, beffa delle beffe, dopo il voto, dovesse andare non benissimo per il centrosinistra, Leu e Pietro Grasso si troverebbero nella condizione sgradevole di indiziati numero due, a torto o a ragione, dopo Renzi ma comunque indiziati. Sarebbero insomma considerati co-responsabili di un risultato non soddisfacente o monco (del tipo: avessimo avuto quel 4 o 5 per cento in più!”). Non è problema di facile soluzione, ché Leu è nata, specie nella sua componente Mdp, proprio come alternativa al Pd di Renzi. Ma pure Sinistra Italiana e Possibile non si vedono bene nel ruolo di stampelle. Non se ne esce: l’unico modo per essere considerati “utili”, dovesse uscire dalle urne un risultato paludoso, sarebbe proprio acconciarsi al ruolo di “aiutanti”. Ma ieri era un altro giorno, e i compagni di Leu, potendo ancora dire, per 24 ore, “ci penserò domani” come Rossella O’Hara, chiudevano con ottimismo la campagna in quel di Palermo, mentre l’arrembante e molto mediatica Potere al Popolo, formazione antagonista per antonomasia ma antagonista nello specifico proprio di Leu, si preparava al concerto-comizio finale in quel di Napoli.

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