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Il disperato tentativo del Pd di aver un piano A per governare

David Allegranti

Mentre nel centrodestra le varie anime o componenti si siedono attorno a un tavolo senza darsi addosso, il Partito democratico e le varie sinistre hanno difficoltà enormi a trovarsi su qualcosa

Roma. Una lista di centro e poi una “cosa” a sinistra. Il Pd lavora su questo schema in vista delle prossime elezioni politiche. “Stiamo lavorando ad allargare, però Mdp al momento ha un atteggiamento di chiusura”, riferiscono fonti del Foglio al Nazareno.

 

La “cosa” di sinistra potrebbe essere costituita da Giuliano Pisapia, “se starà in campo. Altrimenti i suoi. Massimo Zedda, i Verdi”. Poi, si aggiunge, “bisogna capire questa cosa di Forza Europa”, il nuovo partito di Benedetto Della Vedova. Il Pd insomma insegue disperatamente un piano A per governare. E il piano A prevede un tentativo di dialogo con tutta la sinistra, dai demoprogressisti di Bersani fino a Pisapia appunto. C’è chi dice che potrebbe essere un modo per farsi dire di no (Miguel Gotor, senatore di Mdp, ha già detto al Foglio che non ci sono possibilità) per convincere poi l’ex sindaco di Milano ad allearsi.

 

Servirà tempo, dice Gennaro Migliore, sottosegretario alla Giustizia, ma “meno mancherà alle elezioni più saranno vicini”. Oggi “una risposta non può che essere negativa. Ma il tempo lavora per trovare intese”, spiega al Foglio. Sarà, ma per il momento il centrodestra organizza convegni in cui le varie anime o componenti si siedono attorno a un tavolo senza darsi addosso. Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, centrismi vari. Come quello organizzato due giorni fa a Palazzo Wedekind. Il Pd invece e le varie sinistre hanno difficoltà enormi a trovarsi su qualcosa. Matteo Ricci, responsabile enti locali del Pd, è tuttavia ottimista: con un programma concreto si può costruire una coalizione, a partire da alcuni punti: “Sfida all’Europa sulla fine dell’austerità e ritorno a Maastricht; reddito minimo, ius soli, biotestamento. Bisogna individuare, tra legge di bilancio e fine legislatura, tre o quattro temi che uniscano. Poi costruire il programma futuro sulla fine dell’austerità in Europa”, dice Ricci al Foglio.

 

“Noi dobbiamo fare tutti gli sforzi per fare alleanza e sfidarli sui contenuti. Poi vediamo chi ci sta e chi fa solo calcoli tattici o fa prevalere personalismi”. Insomma, questo “dialogo” potrebbe anche essere utile solo a rivelare il segreto di Pulcinella: l’incompatibilità fra Pd e Mdp al netto delle buone intenzioni. A quel punto per il partito di Matteo Renzi che cosa resterebbe? Pisapia, Zedda, i Verdi. Bastano a costruire una coalizione vincente? Pare proprio di no. “Non passiamo il tempo a parlare di legge elettorale, emendamenti e coalizioni. Abbiamo anche un’anima”, ripete Matteo Renzi. La coalizione però non è uno sterile esercizio politicista. Visto che il Pd ha scritto una legge elettorale che promuove le coalizioni, la discussione è normale. Anche in vista della Direzione di lunedì del Pd. “Renzi ha vinto le primarie, è il segretario, che faccia il segretario. C’è una legge che dice che vanno fatte le coalizioni, sono mesi che diciamo ‘coalizioni’ ma non vedo passi concludenti in questo senso”, dice Andrea Orlando a “L’Aria che tira”. “Il tema si pone anche per Mdp e in Sicilia non credo che neanche loro possano cantare vittoria, dobbiamo individuare i passaggi possibili e mi aspetto che in direzione Renzi ci dica quali sono gli atti concreti”. Bersani chiede l’inversione di rotta su alcune posizioni, una correzione su lavoro, fisco, la scuola, ma “non oso aspettarmi molto perché conosco la difficoltà di agibilità in quel partito”.

 

Da sinistra, intanto, continuano ad arrivare risposte sempre più negative. Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana spiega che l’alleanza è sempre più lontana. Troppi “gufi”, troppi “rosiconi” distribuiti dal Pd in questi mesi.

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.