Una manifestazione "anti-casta" fuori dalla Camera (foto LaPresse)

Così la gogna mediatica rispolvera le bufale sui vitalizi

Giuliano Cazzola

Sostenere che il Parlamento arriverà (forse) alla naturale scadenza soltanto per assicurare l’odiata pensione ai deputati e ai senatori è un’affermazione stupida

Sostenere che il Parlamento arriverà (forse) alla naturale scadenza soltanto per assicurare l’odiata pensione (adesso si chiama così) ai deputati e ai senatori è un’affermazione stupida al pari di quella che, mesi orsono, raccomandava di andare alle elezioni comunque prima che passassero i famigerati quattro anni sei mesi e un giorno utili per intascare il malloppo. Eppure, resisi conto che la legge Richetti è destinata a finire nell’immondezzaio della cronaca politica, i media del malaffare si sono accontentati, alla stregua delle iene, di spolpare questa “non notizia”, dimostrando ancora una volta di subordinare gli interessi del Paese (il proseguimento della legislatura non è stato inutile) alla voglia di gogna che ha ormai delegittimato le istituzioni.

 

Ciò premesso, restiamo dell’opinione che il disegno di legge Richetti sia un volgare atto di accattonaggio politico per almeno due ordini di ragioni: tenta di rubacchiare, in casa loro, qualche spicciolo di consenso ai “grillincasaleggesi” e si è condannato da solo – se mai fosse stato approvato – ad essere suscettibile di un giudizio di incostituzionalità. L’errore strutturale dei ragazzotti che hanno tenuto compagnia a Matteo Richetti è stato proprio quello di affidare la materia ad una legge ordinaria - e pertanto sindacabile dalla Consulta - e non agire con regolamento, come si è sempre fatto, nell’ambito della c.d. autodichia ovvero dell’autonomia riconosciuta agli organi costituzionali. In sostanza, per effettuare il colpo di mano retroattivo contro gli ex vitalizi, sarebbe bastata una delibera ad hoc degli uffici di presidenza delle due Camere. E la Corte Costituzionale non sarebbe potuta intervenire.

 

Del resto è già accaduto così quando furono riviste e semplificate le regole e i benefici del regime dei vitalizi, quando questi istituti sono stati superati, in modo da rendere più equo il trattamento, abolendo i più smaccati privilegi. E’ stata ancora una delibera delle presidenze ad abolire, con il criterio del pro rata, il regime del vitalizio e ad introdurre un sistema di carattere previdenziale. Un’altra delibera – di indubbia incostituzionalità - ha deciso di revocare i vitalizi concessi a parlamentari che avevano subito condanne penali. I tribuni della plebe, poi, hanno fatto un vistoso autogol. L’aver stabilito, nel testo approvato dalla Camera, che il ricalcolo con il sistema contributivo non sia “in nessun caso applicato alle pensioni in essere e future dei lavoratori dipendenti ed autonomi” ha messo in sicurezza le c.d. pensioni d’oro. Così per umiliare qualche migliaio di ex parlamentari ed ex consiglieri regionali, non hanno esitato a garantire coloro che (sono centinaia di migliaia) hanno davvero tratto il massimo vantaggio dall’applicazione del calcolo retributivo. Ma anche questo emendamento è scritto sull’acqua. Alla fine, la norma “salva pensioni retributive” è solo una foglia di fico, perché una nuova legge ordinaria potrà sempre abrogare o modificare quanto disposto da una precedente.

 

C’è, infine, un altro aspetto da sottolineare. Dalla pubblicazione del libro di Stella e Rizzo “La casta” sui grandi quotidiani e testate nazionali gli italiani hanno potuto leggere migliaia di titoli dedicati alla casta, ai vitalizi, alle pensioni d’oro. Molti di meno alla disoccupazione giovanile, al lavoro precario, alla disuguaglianza sociale, all’evasione fiscale, alla povertà. Se poi si considerano le migliaia di ore di talk show e di trasmissioni televisive e radiofoniche a senso unico sul tema dei vitalizi non è azzardato concludere che si è trattato di un vero e proprio accanimento contro gli appartenenti alle assemblee elettive. Sono, queste, considerazioni di Antonello Falomi, presidente dell’Associazione ex parlamentari nella relazione all’assemblea annuale. Gli si può dare torto?