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Una Capitale sotto "contratto"

Luciano Capone

Il neo assessore Lemmetti è indagato e non potrebbe firmare il documento con penale da 150 mila euro imposto da Grillo, e che invece riguarda la Raggi. Così il “controllo dal basso” è diventato arma di controllo da remoto della democrazia

Roma. “Il sindaco, gli assessori e i consiglieri eletti dovranno rispettare il presente Codice, i valori fondanti ed i princìpi etici e politici del M5s”, recita il codice di comportamento per gli eletti del Movimento cinque stelle a Roma. E’ il famoso contratto con la penale da 150 mila euro attraverso cui i “garanti” Beppe Grillo e Casaleggio (inizialmente Gianroberto, adesso l’erede Davide) controllano la vita politica e democratica della Capitale. Il documento è stato oggetto anche di un ricorso giudiziario, per ora rigettato, ma ritorna attuale dopo la nomina da parte di Virginia Raggi di un indagato, Gianni Lemmetti, come nuovo assessore al Bilancio. Il contratto che consiglieri e assessori grillini hanno dovuto firmare infatti prevede che chi assume un incarico dichiari “di non essere a conoscenza di essere sottoposto a indagini o procedimenti penali”. Non è questo, naturalmente, il caso di Lemmetti, che non potrebbe quindi ricoprire il ruolo per cui è stato designato. E c’è un precedente, quello di uno dei predecessori di Lemmetti, l’ex procuratore generale della Corte dei conti Angelo Raffaele De Dominicis. Dopo le dimissioni di Minenna, nei primi giorni di settembre 2016 Virginia Raggi scelse l’ex magistrato come nuovo assessore al Bilancio, ma poche ore dopo scoprì che su di lui pendeva un’indagine per abuso d’ufficio: “In queste ore ho appreso che l’ex magistrato e già procuratore generale della Corte dei conti del Lazio in base ai requisiti previsti dal M5s non può più assumere l’incarico di assessore al Bilancio – scriveva la Raggi su Facebook – pertanto di comune accordo abbiamo deciso di non proseguire con l’assegnazione dell’incarico”. Secondo le indiscrezioni dell’epoca, sarebbe stato Beppe Grillo ad avvertire la Raggi che De Dominicis non aveva i requisiti di casellario giudiziario a posto per firmare il documento obbligatorio.

 

Dopo un anno è lo stesso Grillo, da Genova o da Milano, a prelevare dal comune grillino di Livorno l’assessore Lemmetti per spostarlo in Campidoglio.

 

Paradossalmente, per la posizione di assessore al Bilancio della Capitale non ha i “requisiti” un ex magistrato della Corte dei conti indagato per abuso d’ufficio, ma li ha un ex cassiere di discoteca indagato per abuso d’ufficio, bancarotta fraudolenta e anche falso in bilancio. Come fa il plurindagato Lemmetti a firmare un contratto che gli impedisce di assumere un incarico? Semplice, non lo firma. Dallo staff della giunta capitolina fanno sapere che il codice etico con relativa penale è stato firmato solo dai candidati al Consiglio comunale e quindi nella giunta esclusivamente da Virginia Raggi e Daniele Frongia. Nessun altro assessore ha mai firmato il contratto con Grillo e Casaleggio: non lo firmerà quindi Lemmetti (e non avrebbe dovuto firmarlo De Dominicis). A Grillo basta avere il controllo del sindaco Raggi, sotto la minaccia della penale da 150 mila euro, per gestire indirettamente le nomine della giunta e la vita politica dell’amministrazione.

 

La condizione di sudditanza assoluta di Virginia Raggi è evidente, soprattutto da quando anche lei è finita sotto indagine per abuso d’ufficio. Il regolamento, che in teoria doveva servire a salvaguardare il controllo dal basso dei militanti, si è trasformato in uno strumento per il comando da remoto, dai server della Casaleggio Associati. Sia Paola Muraro sia Andrea Mazzillo, due ex assessori legati alla base grillina romana ed entrambi epurati dai vertici nazionali del M5s, hanno sottolineato la capacità di condizionamento della penale da 150 mila euro sulle decisioni del sindaco. E’ grazie al vincolo contrattuale che Grillo può imporre una nomina, Lemmetti, che è in contrasto con i princìpi del contratto stesso. Quello imposto alla Raggi e agli altri consiglieri non è un codice etico ma un patto che ha privatizzato l’amministrazione comunale e Grillo non è il “garante” delle regole del M5s ma il suo dominus assoluto. Un sindaco sotto contratto non è una questione di diritto civile, ma un problema democratico.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali