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Quanti problemi ancora sulla legge elettorale

David Allegranti

Legge elettorale, Forza Italia è ferma sul “tedesco”. Il Pd dice sì “in teoria”, ma ci sono difficoltà. Zanda: “Il maggioritario sarebbe meglio, ma le condizioni non ci sono. Non resta che insistere”

Roma. “Ripartiamo dal modello tedesco”, ha detto qualche giorno fa al Foglio il presidente dei deputati di Forza Italia Renato Brunetta. “Noi siamo fermi al sistema tedesco”, ha spiegato Silvio Berlusconi al Corriere. Dopo l’incagliamento – o implosione, per meglio dire – della discussione sulla legge elettorale, i partiti si guardano con sospetto. Le regole del gioco sono state congelate, sparite dal dibattito pubblico. Forza Italia avrebbe voluto calendarizzare la legge per luglio, ma il Pd ha chiesto di spostare tutto a settembre. “Spero che agosto possa ispirare i partiti”, dice al Foglio il capogruppo al Senato Luigi Zanda, che non sta seguendo in prima persona l’iter della legge, tornata in commissione alla Camera. “Servirebbe un sistema maggioritario, ma non mi pare ci siano le condizioni favorevoli. Quindi non rimane che insistere sul tedesco o comunque su un modello che sia proporzionale; magari potremmo riuscire ad aggiungere un piccolo premio. Lo dico a malincuore, però, perché il proporzionale danneggia molto l’Italia, che invece avrebbe bisogno di un maggioritario. Ma, appunto, non mi sembra che gli equilibri politici ci consentiranno altro. I partiti mi sembrano più orientati a fare i propri interessi che quelli dell’Italia. Con il Mattarellum, che il Pd ha tenuto in campo per tanto tempo, peraltro, sarebbe stato tutto più semplice. Non ci sarebbe stato neanche bisogno di rifare i collegi”. Insomma, come dice il presidente del Pd Matteo Orfini, “in teoria” si riparte dal modello tedesco. “Ma la vedo difficile”. C’è chi va oltre, come Roberto Giachetti, e dice che ormai le possibilità di un accordo sono svanite. “Non si farà nessuna legge elettorale”, certifica il vicepresidente della Camera. La difficoltà principale sta anzitutto nello stallo che si è creato. Chi prenderà l’iniziativa, dopo il caos di giugno? Spiega David Ermini, deputato vicino a Matteo Renzi: “Io direi che si riparte da quello che c’è, cioè dal Consultellum”.

 

“Per lavorare sul tedesco dovremmo riportare la legge in aula”, prosegue Ermini, “finire di approvarla e mandarla in Senato per correggere la norma sul Trentino, altrimenti salterebbe l’accordo con Svp. Mi pare tutto complesso se alla base non c’è un accordo fortissimo. Correttivi alla norma attuale non se ne faranno. Quindi o rimane la norma attuale, così com’è, o si fa una legge elettorale nuova, come il tedesco o il Rosatellum. Onestamente non so chi potrebbe prendere iniziativa sul tedesco. Renzi non mi pare che voglia. D’altronde, non è il tedesco il sistema che volevamo; avevamo detto sì dopo l’accordo con Forza Italia, M5s, Lega e Svp, ma quello è saltato e noi siamo sempre per il maggioritario”.

 

Qualche speranza, però, per i sostenitori del tedesco rimangono. Spiega Matteo Mauri, vicecapogruppo del Pd alla Camera: “Non è ancora deciso niente. Se si riparte dalla Camera bisogna farlo esattamente dal punto che avevamo lasciato. Perciò dal tedesco. Altrimenti, se si cambia modello, bisogna reincardinare tutto al Senato e ripartire da capo”. E il tedesco, spiega Mauri, “è probabilmente il minimo comune denominatore. Ma, essendo nei fatti un proporzionale puro, non è molto diverso dal sistema – benché disomogeneo – uscito dalle sentenze della Consulta”.

 

Insomma, nessuno è entusiasta del modello tedesco, ma le alternative per il momento non sono troppe, come dicono diversi interlocutori del Pd interpellati dal Foglio. Il rinvio a metà settembre certifica le difficoltà dei partiti a trovare un accordo unitario. Intanto martedì prossimo, il 18 luglio, la commissione Affari costituzionali della Camera tornerà a occuparsene, solo però in ufficio di presidenza, su richiesta di Alfredo D’Attorre di Mdp, con l’obiettivo di “riprendere l’esame” della riforma del sistema di voto “prima della pausa estiva” ed evitare così che ci si riduca “di nuovo a fare le cose in modo frettoloso”. Ma che qui nessuno abbia fretta lo si era già capito il primo giorno della legislatura. Avanti tedesco, però piano, pianissimo.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.