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Peggio della truffa grillina c'è solo chi ha creduto che il M5s fosse il paradiso

Claudio Cerasa

Il 2017 sarà anche l’anno del processo a Grillo e ci sono tre ragioni per spiegare un concetto semplice: il grillismo non funziona non perché ha tradito se stesso, ma perché è un grande inganno politico

Tra pochi giorni, il 13 gennaio, come abbiamo raccontato a lungo su queste colonne, la prima sezione del tribunale civile di Roma si riunirà in Camera di consiglio per valutare l’ammissibilità di un ricorso che potrebbe cambiare la storia del Movimento 5 stelle. Il succo del ricorso riguarda un tema fondamentale che non è solo giuridico o costituzionale e che ha una dimensione ci verrebbe da dire persino culturale: che creatura è il Movimento 5 stelle? E, soprattutto, la creatura grillina è una truffa oppure no? Dal punto di vista costituzionale, prima o poi la Consulta ci dovrà spiegare se può stare in piedi una non associazione politica priva di statuto i cui eletti rispondono non agli elettori ma a un blog guidato da un comico non eletto teleguidato da un’azienda privata che vìola almeno un articolo della Costituzione, il numero 67, in base al quale “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. I giudici faranno le scelte che credono, come sempre, ma non c’è dubbio che nell’anno che si è appena aperto il tema della truffa grillina è destinato a diventare centrale, non solo dal punto di vista costituzionale ma anche dal punto di vista politico. La prima truffa è quella che abbiamo descritto e checché ne dica il tribunale civile di Roma qui c’è poco da discutere. Il contratto firmato da Virginia Raggi al momento della sua candidatura a Roma (quello che prevede una penale da 150 mila euro in caso di tradimento del mandato del Cinque stelle) certifica molte cose insieme.

Certifica il fatto che i candidati e gli eletti del movimento Cinque stelle non esercitano le proprie funzioni senza vincolo di mandato (l’articolo 67 della Costituzione va interpretato in modo estensivo e riguarda non solo i parlamentari ma tutti coloro che sono eletti in cariche pubbliche, come ci dice anche l’articolo 3 comma 3 del regolamento del consiglio comunale di Roma, in base al quale “i componenti del Consiglio comunale e i Consiglieri aggiunti esercitano le loro funzioni liberamente e senza vincoli di mandato”). Ma dice qualcosa di più anche su un altro dato della truffa grillina, che ci aiuta a capire bene anche le ragioni per cui Virginia Raggi è destinata ad avere un orizzonte non molto lungo.

 

I tre pilastri sui quali in questi anni si è andata a formare l’identità grillina – trasparenza, democrazia diretta, superiorità antropologica nei confronti del mondo – alla prova di governo stanno venendo tutti meno. Ebbene. Oggi lo streaming è stato di fatto abolito, le decisioni si prendono nel buio della Casaleggio Associati, le correnti del movimento si scannano come e peggio delle correnti del Pd, le votazioni on line sono consultazioni fittizie su decisioni già prese, la democrazia diretta si è trasformata in una democrazia diretta da una società di consulenza, le e-mail decisive per la vita del grillismo vengono rivelate non per volontà del movimento ma per faide interne tra i deputati, gli elettori hanno scoperto che il principio dell’uno vale uno è stato sostituito dal principio dell’uno vale uno tranne se uno si chiama Grillo o Casaleggio, il sindaco che doveva rivoluzionare una capitale in sei mesi non è riuscita neppure a nominare un capo di gabinetto, il principio dell’essere onesti, che poi significa semplicemente non essere indagati, è diventato una barzelletta buona per uno spettacolo di Grillo e se si mette insieme tutto questo, e molto altro che certamente ci stiamo dimenticando, si ha un quadro chiaro di che cosa sia il Movimento 5 stelle. Una truffa costituzionale, forse. E anche una truffa politica, ma non per le ragioni che credete.

 

Nelle ultime settimane diversi osservatori hanno notato (ma dai?) che il Movimento 5 stelle non sta esportando in nessun luogo in cui sta sperimentando la pratica di governo la sua pulsione “rivoluzionaria”. Dove governano, i Cinque stelle non funzionano. E tra Roma, Parma, Livorno e tutte le altre città in cui i grillini sono arrivati al potere (casta, casta, casta!) non c’è un solo caso in cui i figli delle stelle sono riusciti a mettere in campo, ehm, la loro presunta “superiorità antropologica”. Il dato curioso è che quando i giornali, con un mix di retorica tra il savianeo e la grammatica anti casta, raccontano il disastro del governo grillino fanno una cosa semplice: impostano il ragionamento seguendo una logica perversa, rimproverando cioè il Movimento 5 stelle non di essere una truffa politica e forse costituzionale (che come le truffe non può sopravvivere a lungo) ma rimproverando i Cinque stelle di aver “tradito” i loro ideali. Il problema di chi imposta la propria dottrina politica sulla trasparenza, la democrazia diretta, lo streaming, la superiorità morale non è quello di aver tradito un ideale, ma è quello di aver raccontato agli elettori bufale, fake news, fuck view.

 

Il mito della trasparenza non funziona, la democrazia diretta non funziona, la superiorità morale non funziona non perché c’è qualcuno che non ha fatto quello che aveva promesso, ma perché in una democrazia rappresentativa (articolo 1 della Costituzione) chi viene eletto dal popolo ha il dovere di prendere le decisioni giuste per la collettività e non per un partito; ha il dovere di trovare delle mediazioni giuste per il paese e non per un blog; ha il dovere di non predicare il moralismo chiodato non perché è disonesto ma perché laddove prolifera il giustizialismo, laddove non vi è una robusta separazione dei poteri, non può esistere una democrazia sana. Non sappiamo che cosa succederà il 13 gennaio. Ma sappiamo che il 2017 sarà l’anno del processo al grillismo. E forse in molti si accorgeranno che quella che è stata spacciata come democrazia diretta altro non è che una forma mascherata di autoritarismo. Il capolavoro del Movimento 5 stelle è questo: lavorare per abolire la democrazia rappresentativa dando l’illusione che ci sia il massimo della democrazia ma limitandosi semplicemente a dare a un blog solo al comando la possibilità di scegliere a nome degli altri. Buon 2017.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.