Paolo Gentiloni con Matteo Renzi (foto LaPresse)

Passeggiate romane

La minoranza pd ha il suo asso nella manica contro Renzi: lo statuto

Redazione

Nel governo appena nato c’è già una forte divisione, ed è sulla legge elettorale, ossia su quella legge che l’esecutivo Gentiloni dovrebbe solo assecondare ma non proporre in prima persona

Matteo Renzi ha deciso che per un po’ scomparirà dagli schermi della politica italiana. Domenica farà l’assemblea nazionale, all’auditorium della Conciliazione di Roma, per chiedere (e ottenere) il congresso anticipato. Una tappa inevitabile per evitare la congiura della sua stessa maggioranza e la riorganizzazione della minoranza che, al momento, è orba di un candidato da contrapporgli, visto che sono troppi i galli a cantare in quel pollaio. Massimo D’Alema vuole Michele Emiliano perché è convinto che il presidente della giunta regionale pugliese sia l’unico dotato di quel tasso di populismo che serve per sbarrare la strada al M5s. Ma Pier Luigi Bersani è ancora perplesso (e tra i suoi c’è chi pensa di candidare invece lui) e Roberto Speranza non ci sta a farsi mettere da parte ancora prima di essersi buttato in pista. Ma mentre la minoranza cerca di trovare un candidato da contrapporgli, Renzi ha deciso che, finita l’assemblea nazionale, si inabisserà di nuovo. L’assenza diventerà una sorta di strategia per l’ex presidente del Consiglio. Propedeutica al suo ritorno, verso metà gennaio, quando percorrerà di nuovo il paese in lungo e in largo per entrare “in contatto” con gli italiani.

  

La minoranza del Pd, che in questa fase pensa solo a come eliminare Renzi anche dall’agone politico del partito, nel frattempo pensa di usare tutte le regole dello statuto per rallentare il passo dell’ex premier. Per questa ragione alcuni esponenti dell’ala bersaniana studiano da giorni il testo. Il loro obiettivo è quello di trovare il modo per rallentare l’iter del congresso. E giusto ieri hanno trovato un escamotage. Quello di presentare alla prossima assemblea nazionale, domenica 18 dicembre, un candidato alternativo a Renzi da far scendere in campo subito. Presentare all’assemblea che dovrebbe indire il congresso anticipato un nuovo candidato alla segreteria consentirebbe alla minoranza di prendere tempo. Di fronte a una mossa del genere dovrebbe essere indetta un’altra assemblea nazionale. E’ chiaro che Renzi così non rischierebbe il posto ma rischierebbe di perdere il treno per le assise nazionali anticipate. Ma la minoranza ha un problema: chi si sacrificherà sull’altare di questa battaglia a colpi di regolamento? Già perché il candidato alternativo al segretario in questo caso non sarebbe uno che compete veramente alle primarie ma solo uno che serve per frenare la rincorsa al congresso. La minoranza ha chiesto a Roberto Speranza di sacrificarsi, ma l’ex capigruppo, che già vive con estremo disagio il fatto che la maggior parte dei suoi lo ritenga troppo debole per contrapporsi a Renzi, non vuole fare il candidato specchietto per le allodole.

 

Nel governo appena nato c’è già una forte divisione, ed è sulla legge elettorale, ossia su quella legge che l’esecutivo Gentiloni dovrebbe solo assecondare ma non proporre in prima persona. Anna Finocchiaro ha detto che bisognerà aspettare la Corte costituzionale per muoversi. E la Consulta, come è noto, si riunirà il 24 gennaio ma si pronuncerà dopo. Il neoministro degli Esteri Alfano invece ha invitato i partiti a cominciare a muoversi già da adesso per riformare la legge, insomma, c’è chi tira per non allungare a dismisura la vita di questo governo e chi invece ritiene che l’esecutivo Gentiloni debba arrivare fino alla fine della legislatura.

 

La vita di questo governo, a proposito, non è appesa ai voti di Verdini ma alle decisioni che i politici che lo sostengono dovranno prendere. Non a caso nel gabinetto Gentiloni sono coinvolti tutti i capi bastone della maggioranza del Partito democratico: Dario Franceschini per area dem, Andrea Orlando per i giovani turchi, Maurizio Martina per i comitati per il Sì e Renzi, invece, è ben rappresentato da Luca Lotti. Per questa ragione c’è chi dice già che le riunioni del Consiglio dei ministri assomiglieranno molto a quelle della direzione del Pd.

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