Il premier Matteo Renzi (foto LaPresse)

L'erede

Claudio Cerasa

“C’è solo un leader in Italia: Renzi”. La campagna per il No al referendum di Berlusconi sta involontariamente (ehm) offrendo ottime ragioni per votare Sì. Al centro di tutto c’è il tema dei temi: l’erede non c’è perché oggi c’è Renzi

L’eredità, già. Rispetto al prossimo referendum costituzionale, il ragionamento di Silvio Berlusconi, sulla carta, non fa una piega ed è lineare: in Italia ci sono tre poli, uno di centrodestra, uno di centrosinistra, uno populista, e se due di questi tre poli si mettono contro un terzo polo il risultato non può che essere scontato e non può che portare alla sconfitta del polo che rimane isolato. Secondo Berlusconi, il polo rappresentato da Renzi è destinato a rimanere schiacciato dalla sovrapposizione degli altri due poli, quello populista e quello di centrodestra, e per questo l’ex presidente del Consiglio sul punto non ha dubbi: il quattro dicembre voterà No per creare un’Italia migliore, per rigenerare il centrodestra e per far rivivere il partito dei moderati attraverso la bocciatura della riforma costituzionale e la conseguente caduta del governo del dittatore Renzi.

 

Il messaggio è chiaro, almeno nelle sue intenzioni, ma come tutti i messaggi che presentano qualche elemento contraddittorio capita non di rado, diciamo così, di fare i conti con quello che è il meraviglioso subconscio non solo del Cavaliere ma anche di una buona fetta degli elettori di centrodestra. Un subconscio che negli ultimi tempi si è manifestato attraverso alcuni clamorosi lapsus sfuggiti a Berlusconi che riguardano il più grande tabù del berlusconismo (chi è il suo vero erede) e che costituiscono esempi di errori non intenzionali compiuti a causa di azioni mentali (in questo caso il No a Renzi) che non sempre riescono ad avere una loro concretizzazione nel quotidiano lessico della politica. Prendiamo per esempio le ultime settimane.
In pochi giorni, la lineare campagna del No di Berlusconi ha contribuito involontariamente a offrire suggerimenti non intenzionali a quegli elettori moderati di centrodestra indecisi su cosa fare il quattro dicembre.

 

Suggerimento numero uno: se dovesse vincere il No, il centrodestra dovrà fare sempre di più i conti con quel discolo poco responsabile di Salvini e con quel simpatico mattacchione di Renato Brunetta, cosa che non accadrebbe in caso di vittoria del Sì, e per questo un volto moderato come Stefano Parisi (giù botte) rischierebbe di essere poco rappresentativo del centrodestra che sarà. Suggerimento numero due: se dovesse vincere il No, il centrodestra, dal giorno dopo il voto, sarebbe disponibile a creare le condizioni politiche per dar vita a una nuova grande coalizione con tutti coloro che nel Pd potranno intestarsi la vittoria del No, ovvero sia il fronte post comunista del Partito democratico, cosa che invece non accadrebbe in caso di vittoria del Sì. Suggerimento numero tre, sul quale vale la pena spendere qualche riga: se vince il No, ha ribadito ieri Berlusconi in una gustosa intervista a Rtl, cadrà il governo del pericoloso semi-dittatore fiorentino ma resta il fatto che in questo momento, aperte virgolette, “l’unico leader vero dentro alla politica è Matteo Renzi”. In sostanza: in pochi giorni Berlusconi ha detto che il pericoloso presidente del Consiglio è l’unico vero leader nel mondo politico e che se vince il No la linea Brunetta-Salvini rischia di diventare la linea prevalente del centrodestra, oltre a non escludere una grande coalizione con il partito del dittatore Renzi e con i compagni comunisti. I lapsus sono magnifici ed evidenti, e ci aspettiamo che una notte di dicembre Berlusconi invii di nascosto da Brunetta una mail al nostro indirizzo [email protected], eppure nella sua difficoltà semantica a tratteggiare un futuro radioso senza Renzi e senza riforma costituzionale esiste un non detto meraviglioso che il Cavaliere non può esplicitare ma che giorno dopo giorno è sempre di più sotto la luce del sole. Il punto è evidente ed è strettamente legato al fatto che il Cav. non riesca a trovare un erede – “Avevo puntato molto su qualcuno che è passato dall’altra parte. Si sono succeduti dei personaggi o che hanno deluso o non sono stati ben visti dagli altri”. Se non riesce a trovarlo, se non riesce a essere fino in fondo convincente quando dice votate contro Renzi, se non riesce a usare parole di disprezzo per il presidente del Consiglio, è perché in buona parte lo spazio politico e culturale dell’eredità del Cav. lo sta ricoprendo quello che oggi è l’unico erede possibile dello stesso Berlusconi: Matteo Renzi. Ci si può girare attorno quanto si vuole ma se Berlusconi non vede in circolazione un erede e contemporaneamente vede in circolazione un vero leader è perché i temi del berlusconismo sono stati fatti propri da Renzi: la libertà individuale, le tasse da abbassare, l’affermazione del garantismo, la visione di un fisco non oppressivo, la non ostilità nei confronti della cultura d’impresa, la flessibilità del mercato del lavoro, la distanza con la Cgil, la declinazione di una vocazione maggioritaria, la revisione del bicameralismo e infine la necessità di riformare la stessa Costituzione più bella del mondo dietro la cui difesa per una vita si sono trincerati non a caso tutti i più grandi nemici di Berlusconi. Oggi può piacere o no, ma gran parte degli avversari di Renzi è diventata avversaria di Berlusconi e si capisce che ogni tanto nella testa del Cavaliere parta un suono che fa più Sì che No e che rifletta quella che in fondo è l’intenzione di voto della sua famiglia e della sua azienda.

 
Questo, ironie a parte, non significa che Berlusconi tradirà i nuovi e momentanei compagni di viaggio di Forza Italia – l’Altra Europa con Tsipras, l’Associazione per la ricostruzione del Partito comunista, l’Associazione per il rinnovamento della sinistra, Azione civile di Antonio Ingroia, i Comitati No-Triv, il Comitato marxista-leninista d’Italia, il Comitato No Gelmini, il Coordinamento della sinistra contro l’euro, la Fiom, Sel, il Movimento 5 stelle, Magistratura democratica, il Partito della Rifondazione comunista, il Partito comunista dei lavoratori, il Partito comunista d’Italia, Podemos, l’Anpi, Sinistra italiana, Gustavo Zagrebelsky, Sandra Bonsanti, Moni Ovadia, Nino Di Matteo, Alessandro Di Battista e Marco Travaglio. Ma significa, più seriamente, che dentro di sé il Cavaliere sa bene qual è la verità: con la vittoria del No c’è una piccola possibilità che il centrodestra torni centrale attraverso la caduta di Renzi (e ovviamente con il ritorno al proporzionale) ma ci sono molte più possibilità che a trarne beneficio siano tutti coloro contro i quali Berlusconi ha combattuto per una vita e dai quali il centrodestra del Cav. si trova lontano anni luce. Non lo potrà dunque dire e non lo potrà ammettere candidamente, forse al massimo lo dirà involontariamente in qualche lapsus in una prossima trasmissione radiofonica, ma il punto è evidente: con il No, gli avversari di Renzi vincono; con il Sì c’è solo un altro leader in Italia che può trarre beneficio dalla sconfitta dei suoi storici avversari e che può trovarsi a suo agio nell’Italia che potrebbe essere disegnata dal suo vero erede. Quel leader, lo avrete capito, si chiama Silvio Berlusconi.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.