Italia, migranti al porto siciliano di Augusta (foto LaPresse)

A chi parla Beppe Sala sull'immigrazione

Redazione
Chiede realismo a sinistra e governo, apre a qualche idea della destra

"Caro direttore”, scritto da un politico o da un pubblico amministratore, è la formula con cui si parla a nuora perché suocera intenda, o alla propria parte perché capisca anche l’altra, al premier nazionale perché sentano pure in Europa. La lettera a Repubblica del sindaco di Milano Beppe Sala sulla necessità di “cambiare politica sull’immigrazione” assolve con misura a tutte queste funzioni.

 

Milano ha fatto negli ultimi anni un eccellente lavoro umanitario (centomila arrivi) ma ora  “è tempo di prendere atto che le condizioni intorno a noi sono profondamente mutate”. Sottotesto: anche la sinistra deve iniziare a ragionare in termini di maggior realismo, facendo proprio qualche punto di vista altrui (Maroni o Parisi, tanto per restare in città). Matteo Renzi deve prendere atto che “il nostro paese deve passare a una consapevole gestione del fenomeno”, l’accoglienza “non può riguardare solo i non molti comuni che se ne occupano, ma anche il governo”. E serve “una programmazione che coinvolga da subito le amministrazioni regionali”, finora poco ascoltate.

 

Per farsi capire dall’Europa bisogna spiegare che “l’Italia deve uscire dall’idea di essere una piattaforma di prima accoglienza” abbandonata a se stessa. Ma per essere credibili con Angela Merkel non basta invitarla a Ventotene, bisogna mostrare capacità di gestione: ad esempio, suggerisce Sala, dare vita a “un unico soggetto che si occupi di immigrazione e accoglienza mettendo insieme i diversi tasselli del mosaico”. Dare l’idea di un governo che abbandona i suoi territori a se stessi, non è un buon biglietto da visita. Sono temi che anche l’opposizione non populista potrebbe condividere.