Maria Elena Boschi (foto LaPresse)

Nel fronte del “sì”

Quanti voti ha già il Partito del referendum

Redazione
Cooperative, imprenditori, terzo settore e altro. Perché è un errore credere che il fronte del “sì” sia isolato e privo di punti di forza

Roma. In un’intervista alla Stampa di ieri, il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi ha spiegato non solo che è sbagliato accludere all’interno del fronte del no l’intera area della Cgil ma anche che è un errore credere che il fronte del “sì” sia isolato e privo di punti di forza. Boschi cita cinque esempi a sostegno della sua tesi (Confindustria, Coldiretti, Cna, Confcooperative e Confartigianato), ma all’interno del fronte del “sì” vi sono anche altre alleanze che il partito del referendum sta costruendo. Nel mondo dei sindacati, al di là degli equilibri all’interno della Cgil, il Partito del referendum (Pdr) ha il sostegno di pezzi significativi sia della Cisl sia della Uil. Nel mondo dell’agricoltura, oltre al colosso Coldiretti, poco meno di un milione di iscritti, il Pdr ha ottenuto, grazie ai rapporti costruiti durante i mesi di Expo, l’appoggio della Confederazione italiana agricoltori e di Confagricoltura.

 

Nel mondo produttivo, oltre a Confindustria, il Pdr oggi ha il sostegno di Confapi (Confederazione Italiana Piccola e Media Industria) e Confimi (Confederazione dell’Industria Manifatturiera Italiana e dell’Impresa Privata) e può contare anche sull’appoggio di un pezzo consistente di LegaCoop e di Alleanza delle Cooperative. Se i rapporti con i costruttori (Ance) vanno chiariti (il presidente De Albertis, anche se a titolo personale, è un sostenitore di Stefano Parisi, schierato per il no al referendum) più solide sembrano invece le relazioni con il mondo cattolico. In Comunione e liberazione prevale la tendenza a schierarsi per il sì. Il mondo della Acli ha anticipato un sostegno di massima al governo. E alcuni vescovi importanti (come quello di Milano, Scola) non hanno un pregiudizio negativo rispetto alla riforma. La stima approssimativa è che queste alleanze permettono al Pdr di partire con una base di circa 3 milioni di voti. Se l’affluenza al referendum sarà simile a quella registrata al referendum No Triv (contro la linea del governo votarono in 11 milioni) al Pdr servono 9 milioni di voti. Per farcela sarebbe sufficiente portare alle urne gli elettori che votarono Bersani nel 2013 (8 milioni). Sono numeri che vanno presi con le molle ma il futuro del referendum oggi passa anche da qui.

Di più su questi argomenti: