Guido Bertolaso

Il Cavaliere nel labirinto di Roma

Redazione
Bertolaso verso la rinuncia, ma FI è divisa tra Marchini e Meloni

Roma. Pare sia intervenuto Gianni Letta, forse l’unico, a Roma, capace di rivolgersi al Cavaliere, al suo vecchio amico, con linguaggio schietto e ortogonale, privo cioè di doppi fondi e di reverenziali tremolii: se Guido Bertolaso, per adesso candidato sindaco di Forza Italia al Campidoglio, dovesse arrivare terzo o addirittura quarto alle elezioni comunali, “Forza Italia ha chiuso”. E allora nel marasma di un centrodestra sfasciato, percosso dai suoi stessi amletismi, ottuso da uno scontro di ambizioni personali e contrapposte che hanno trovato il loro pazzotico spurgo nelle quattro candidature solitarie di Bertolaso, di Giorgia Meloni di Francesco Storace e di Alfio Marchini, in questo cosmo eternamente agitato sembra stia per precipitare un’ultima novità, per adesso soltanto sussurrata: il ritiro di Bertolaso. Ma per appoggiare chi? Marchini o Meloni? Il Cavaliere, indocile e un po’ scocciato, preferirebbe Marchini. La sua corte spinge invece per Meloni. Tra domani e giovedì arriveranno i sondaggi analitici. E qualcosa succederà.

 

E d’altra parte mai s’era visto un candidato sindaco, come ha fatto giovedì Bertolaso in un’intervista al Corriere, esprimere in campagna elettorale un limpido endorsement nei confronti di un diretto concorrente. “Fino a che ci sono le condizioni per andare avanti, è ovvio che non mi ritirerò”, ha detto Bertolaso. “Però non sono certo il tipo a cui piace andare a sbattere contro un muro. Di conseguenza, se nel corso delle settimane si dimostrasse l’impossibilità di arrivare al ballottaggio, si potrebbe trovare una convergenza con un candidato che abbia le mie stesse caratteristiche ‘civiche’”. Cioè Alfio Marchini. “L’unico candidato che mi somiglia… lo stimo moltissimo”. Espressioni che hanno allarmato la fazione più cospicua, e nordista, della corte di Silvio Berlusconi, non solo Mariastella Gelmini o Daniela Santanchè, ma anche Giovanni Toti, il presidente della Liguria che intercetta e interpreta all’interno di Forza Italia il sentimento più carezzevole nei confronti di Matteo Salvini e che forse pensa di proporsi lui stesso come guida moderata di un centrodestra trascinato dai voti della Lega, secondo un modello di cui spesso parla anche Salvini nei suoi colloqui privati: cioè un Ulivo di centrodestra, un’alleanza forte dei voti d’un partito identitario come la Lega ma rappresentata da un leader di centro, meno gonfio elettoralmente ma più rassicurante, un po’ come lo era Prodi nel rapporto con il Pds. “Se Bertolaso rinuncia, noi sceglieremo Giorgia Meloni”, ha infatti detto Toti sabato scorso, evidenziando un conflitto di linea. E si capisce allora quanto l’incastro romano sia complicato, e collegato a ipotesi, orizzonti, visioni non coincidenti del futuro.

 

E per Berlusconi scegliere Marchini vorrebbe dire respingere l’Opa di Salvini (ma forse senza rompere con Salvini, che a Marchini aveva stretto la mano settimane fa), mentre ripiegare su Meloni avrebbe il sapore di una sconfitta e d’una ammissione d’impotenza (malgrado il Cavaliere sia acrobata capace persino, a suo tempo, di votare la fiducia al governo di Enrico Letta dopo averne detto peste e corna). Insistere su Bertolaso, infine, è invece quella tremenda incognita che i sondaggi adesso cominciano a illuminare, ma d’una luce sempre più fosca: l’ex capo della Protezione civile si piazza tra il 7 e il 9 per cento, arriverebbe cioè penultimo, seguito dal solo Storace. Ed è infatti per questo che Bertolaso tentenna e quasi sostiene il suo avversario Marchini, mentre Gianni Letta, come del resto quasi tutti i berlusconiani di Roma, da Antonio Tajani a Francesco Giro, loro che a Meloni preferirebbero Marchini, avvertono il Cavaliere: “Se arriviamo quarti è la fine del partito”. Ma tutto questo groviglio ribollente di umori, retropensieri, ambizioni e strategie incrociate e contorte, ha una scadenza già fissata, imposta dalla fisica politica: tra mercoledì e giovedì Berlusconi avrà gli ultimi sondaggi da Alessandra Ghisleri, avrà cioè tutte le proiezioni sulle candidature, sugli scenari e sulle alleanze. Dunque deciderà la sorte di Bertolaso, che d’altra parte è ben disponibile a un passo indietro. E allora Marchini o Meloni? Più tempo passa, e più Salvini si schiera con la signora Meloni, più per Berlusconi si fa complicata la strada che porta al sostegno di quel Marchini che pure lui preferirebbe, quel candidato che tanto assomiglia a Luigi Brugnaro, il sindaco che senza bandiere di partito ha conquistato Venezia dopo ventidue anni d’ininterrotto dominio a sinistra.