Massimo D'Alema (foto LaPresse)

La scissione sentimentale tra il Pd e D'Alema esiste e non è una cattiva notizia per Renzi

Claudio Cerasa

L’ex premier ha ragione: la sinistra non è più quella di una volta. Ma la sinistra che non si trasforma geneticamente è una sinistra che parla molto ai militanti del Pd e poco al paese. Occhio alla connessione, Max.

Al direttore - Ho letto questa mattina l’intervista di D’Alema al Corriere della Sera e mi ha colpito un passaggio. “Sta crescendo un enorme malessere alla sinistra del Pd che si traduce in astensionismo, disaffezione, nuove liste, nuovi gruppi. Si tratta di un problema politico e non di un complotto di D’Alema, che è impegnato in altre attività di carattere culturale e internazionale… Il Pd è finito in mano a un gruppetto di persone arroganti e autoreferenziali. Dei fondatori non sanno che farsene. Ai capi del Pd non è passato per l’anticamera del cervello di consultarci una volta, in un momento così difficile… Molti elettori ci stanno abbandonando. Compresi quelli che ci avevano votato alle Europee, nella speranza che Renzi avrebbe rinnovato la vecchia politica: ora vedono un gruppo di persone che ha preso il controllo del Paese, alleandosi con la vecchia classe politica della destra. Non so quanto resteranno in stato di abbandono. Nessuno può escludere che, alla fine, qualcuno riesca a trasformare questo malessere in un nuovo partito”. D’Alema può essere più o meno arrogante ma formula delle accuse precise e circostanziate. Lei che ne pensa, ha tutti i torti?
Luca Taddei

 

 

L’intervista di D’Alema è geniale nella sua perfidia ma credo che il vero punto della questione sia uno. D’Alema, come molti altri nel Pd, come tutto il club degli ex premier (Letta, Prodi), un nuovo partito lo ha già fondato ed è il Pdp: il partito del pretesto. Il partito del pretesto usa, appunto, ogni pretesto per dimostrare, con robuste interviste sui giornali, che Renzi è inadatto non solo a governare il paese ma a anche a guidare il Pd perché la sinistra, con Renzi, ha subito una mutazione antropologica irreversibile che ha portato il Pd renziano a una scissione sentimentale con la sinistra. Da un certo punto di vista, D’Alema ha perfettamente ragione. La sinistra renziana è una sinistra che ha portato avanti una scissione forte e decisa con la sinistra dalemiana. E, in virtù di questo strappo, la sinistra renziana ha cominciato a perdere qualche iscritto per strada, qualche militante storico della vecchia sinistra, ma ha contemporaneamente iniziato a conquistare un bacino elettorale nuovo, quello che potremmo chiamare, per semplificare, il ventre del paese. D’Alema non può accettare questo schema perché nella testa dei D’Alema esiste solo un unico schema possibile per la sinistra. In politichese, di solito, lo schema si traduce così: D’Alema vuole mettere un trattino tra la parola centro e la parola sinistra, Renzi vuole togliere il trattino tra la parola centro e la parola sinistra. Nello schema di D’Alema, il Pd deve essere il perno di una grande federazione di sinistre. Nello schema renziano, il Pd deve essere il contenitore delle sinistre. Il primo schema, quello dalemiano, lo abbiamo sperimentato e abbiamo visto che ha portato sempre allo stesso risultato: vittorie risicate alle urne, disastri conclamati al governo. Il secondo schema, quello renziano, lo stiamo sperimentando oggi. Il primo risultato è che, con quello schema, Renzi ha dimostrato che il Pd può arrivare fino al 40 per cento. E’ una partita delicata, perché se tu strappi con la sinistra e non conquisti la destra rischi di rimanere intrappolato, ma è l’unica partita che si può giocare per permettere alla sinistra di conquistare il paese. La sinistra che vuole vincere le elezioni è una sinistra che deve trasformarsi geneticamente. La sinistra che non si trasforma geneticamente è una sinistra che parla molto ai militanti del Pd e poco al paese. D’Alema dice di essere stato in Iran dove Vodafone non prende e dunque non sa “nulla di quello che è successo in questi giorni”. A voler essere maliziosi, il D’Alema che chiede al Pd di oggi di tornare alle sue origini è un D’Alema che appare disconnesso con la realtà forse da più di due giorni, diciamo. Il partito del pretesto esiste, naturalmente. Ma per vincerlo Renzi oggi non ha altra strada che insistere su un percorso preciso: cercare nuovi elettori, seguire, se vogliamo, il paradigma Confalonieri.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.