Francesco Starace (foto LaPresse)

Non fossilizzarsi sul pil

Il capo dell'Enel ci spiega perché l'Italia cammina con i piedi d'argilla

Claudio Cerasa
“Chi governa deve puntare sulle riforme non popolari, per non tornare al punto di partenza”. L’allarme del Fondo monetario. Chiacchierata con Starace. “Bastano due o tre eventi per riportarci al punto di partenza. La banda larga? Nessun ritardo”.

Roma. Al sesto piano dei suoi uffici in viale Regina Margherita, sede dell’Enel, struttura ministeriale, convegni in corso, slide che passano veloci da una sala all’altra del palazzone a due passi dai Parioli, l’amministratore delegato Francesco Starace è qui che legge con interesse l’ultimo lancio di agenzia che riporta un dato significativo e preoccupante che arriva dagli studi del Fondo monetario internazionale. Sintesi: in Europa la ripresa si sta materializzando, sì, ma il percorso è ancora molto lungo, e senza una significativa accelerazione della crescita i risultati sul fronte della disoccupazione ci saranno forse tra una ventina d’anni. L’amministratore delegato di Enel, conversando con il Foglio, dice di osservare con ottimismo i prossimi mesi che dovrà affrontare l’Italia ma riconosce che vi sono ancora dei forti punti di criticità che riguardano tanto il percorso italiano quanto soprattutto quello europeo. “Gli ultimi mesi di dibattito politico europeo – dice Starace al Foglio – hanno dimostrato che l’euro è uno strumento insostituibile ma ci sono ovviamente margini di miglioramento, anche attraverso un processo di maggiore integrazione politica. Oggi, purtroppo, come si sa, abbiamo una moneta e un’Eurozona dove esiste una forte disarmonia tra i paesi membri. E lavorando in molti di questi paesi, non capisco che senso possa avere ritrovarsi ad esempio con aliquote fiscali diverse da una nazione a un’altra, con sistemi giuridici diversi da un paese all’altro, da una regione all’altra, con un’Iva che cambia se si superano i confini di un paese, e così via. E’ sciocco dire che l’euro non funziona. E’ più corretto dire che benefici e malefici della moneta unica, tra presente e passato, riguardano tutti i paesi, e che oggi bisogna lavorare per costruire, e non per distruggere”.

 

L’evasione si combatte con la semplificazione

 

D’accordo con la premessa. Ma se non è l’Europa la causa dei problemi italiani quali sono i freni che impediscono al nostro paese di correre come gli altri? “Credo – dice Starace – che la politica abbia il compito e il dovere in una fase delicata come questa di lavorare pensando non soltanto a ciò che può assicurare popolarità ma anche, verrebbe da dire soprattutto, a ciò che può garantire un buon grado di benessere per il paese. Per sbloccare il nostro paese nei prossimi mesi servirebbero misure che abbiano un impatto e un’incisività simile a quella che ha avuto una riforma tosta e per nulla popolare come il Jobs Act, con conseguente revisione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, e le due partite che determineranno una svolta nell’Italia, e che ci permetteranno di essere al passo con paesi che in Europa crescono anche più di noi, a mio avviso riguardano la riforma fiscale e la riforma della Pubblica amministrazione. Sono convinto che all’interno della riforma annunciata dal presidente del Consiglio sulle tasse ci sia un aspetto fondamentale che spesso viene ignorato. La revisione della tassazione sulla prima casa la considero corretta e credo possa avere il beneficio di avere un impatto potenziale sull’economia reale ma ciò che credo sia importante mettere a fuoco è che semplificare il fisco oggi è il modo più semplice per combattere l’evasione fiscale e per far emergere quella parte di ricchezza nazionale che per un insieme di fattori rimane periodicamente sotto il tappeto del nostro paese. Per combattere l’evasione fiscale, la repressione è uno strumento, ma non è sufficiente: è necessario non dare più agli evasori gli alibi legati all’attuale complessità del sistema fiscale”.

 

Starace accenna anche al fatto che “in Italia esiste oggettivamente un problema legato alla “varietà del diritto a livello regionale”, che spesso è causa di diffidenza degli investitori stranieri”. Sul tema degli scioperi selvaggi riconosce invece, senza però voler generalizzare, che la strumentalizzazione di pochi è sbagliata, ma bisogna tener conto che gli scioperi sono generalmente legati a una serie di difficoltà esistenti, e la soluzione non è tentare di reprimere i sindacati, ma risolvere i problemi alla base”.

 

Ma per capire e seguire quali saranno i segnali di ripresa o di non ripresa che riguarderanno il nostro paese nei prossimi mesi e nei prossimi anni, l’ad di Enel suggerisce di osservare altri parametri, diversi dal pil, che messi insieme possono offrirci un quadro più completo di qual è la vera salute del nostro paese. E qui il pil c’entra fino a un certo punto.

 

“Dobbiamo imparare – dice Starace – a non innamorarci troppo del parametro più famoso con cui misuriamo la salute di un paese, il prodotto interno lordo, e a osservare anche altri indicatori statistici importanti. Quelli che a mio avviso descrivono bene l’evoluzione o l’involuzione di un paese sono questi e suggerirei di metterli insieme, uno a fianco all’altro. Primo: la progressione della scolarità, come misura diretta del progresso di un paese. Secondo: la struttura logistica, intesa come un mix tra costo e tempo per arrivare da un punto all’altro del paese, Terzo: l’occupazione, depurata però da alcuni elementi fuorvianti come la disoccupazione giovanile che può apparire più alta di quello è che davvero per via di alcuni calcoli che tendono a inserire nel paniere anche i ragazzi in età scolastica, che ovviamente spesso sono a scuola e non lavorano. Quarto: il tasso di frequenza dei reati e la crescita della delinquenza. Quinto: come cambia il consumo di energia nei paesi e quanto dipende la crescita dell’energia dal consumo industriale. Risposta: più l’industria di un paese è avanzata ed efficiente e più il consumo di energia sarà slegato dalla crescita economica del paese e dai singoli giganti dell’industria. Sesto: quante ore gli italiani utilizzano internet. Nel campo della digitalizzazione, l’Italia deve fare ancora molto. Settimo: la capacità del nostro paese di proiettare una buona immagine di se stesso. Mi rendo conto che quest’ultimo dato è empirico, anche se ci sono molti modi per misurarlo,  ma è un dato importante, direi fondamentale, per capire che impatto ha il nostro paese fuori dai nostri confini”.

 

Sommando tutti questi fattori che cosa viene fuori? “Viene fuori che la percezione dell’Italia all’estero oscilla ancora troppo, e non c’è dubbio che oggi siamo migliori rispetto a quattro anni fa, ma dobbiamo anche riconoscere che non siamo in grado di camminare in modo ancora del tutto disinvolto, e purtroppo sappiamo bene che, per come è fatta l’Italia, bastano due o tre eventi negativi per far crollare tutto e riportarci purtroppo al punto di partenza”.

 

“Entro ottobre il piano banda ultra larga”

 

Tra gli elementi che potrebbero permettere all’Italia di migliorare la propria percezione nel mondo c’è anche un punto importante che riguarda un dossier sul quale Enel sta collaborando anche con il governo. E il punto è legato ovviamente al piano sulla banda ultra larga che in autunno dovrebbe arrivare ai famosi blocchi di partenza e in cui l’Enel giocherà una partita chiave, avendo proposto di mettere a disposizione le proprie infrastrutture (cabine di distribuzione e tralicci di distribuzione elettrica) per la posa della fibra. Negli ultimi giorni alcuni giornali hanno sostenuto un rinvio a data da destinarsi del piano sulla banda ultra larga ma Starace smentisce, e conferma che non c’è nessuna novità rispetto agli ultimi mesi: “A settembre capiremo esattamente quali sono i costi dell’operazione di cablaggio e quali saranno gli operatori interessati a entrare nella partita. Ma vi posso anticipare che i costi legati alla nostra proposta sono di gran lunga più bassi rispetto alle stime fornite da altri operatori. Il governo entrerà in campo in un secondo momento, con regole d’ingaggio e strumenti regolatori, ora è la fase di costruzione del progetto e su questo punto sono ottimista e credo che con un piccolo sforzo nel giro di pochi mesi, grazie alla banda ultra larga, l’Italia potrebbe avere un aspetto sorprendentemente più moderno rispetto a quello che conosciamo oggi”.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.