Matteo Salvini (foto LaPresse)

Quelli di Forza nord

Alessandro Da Rold
Ora nel partito del Cav. tutti si mettono a imitare Salvini: ruspe, felpe e no euro. Ma a che serve?

Roma. Qualcuno si toglie gessato e cravatta per indossare la felpa, come fa il leader della Lega nord Matteo Salvini. Qualcun altro organizza comizi fuori da quelle scuole scelte dai prefetti per ospitare i profughi. C’è poi chi cita il padre del federalismo Gianfranco Miglio e si è schierato a sostegno del referendum per l’autonomia lombarda, quello voluto da Roberto Maroni, e c’è chi appoggia in Senato iniziative referendarie sul modello Tsipras “per la rifondazione di un’Unione europea democratica e federale”. E insomma non c’è solo la corsa a entrare nel Carroccio o nel partito Noi con Salvini – ultimo in arrivo da Forza Italia dovrebbe essere il senatore Francesco Aracri – ma sempre più il partito di Silvio Berlusconi, al nord, si trasforma, insegue la Lega gonfia di voti e sondaggi.

 

Talvolta un po’ scimmiottano, come nel caso di Giovanni Toti, fotografato in Liguria con una felpa bianca con la scritta “Pro Recco”. Altre volte invece portano avanti battaglie politiche in questa fase un po’ trascurate da Salvini, come la questione settentrionale, il nativismo. E’ il caso di Mario Mantovani, vicepresidente della regione Lombardia, già coordinatore di Forza Italia, che lunedì 13 luglio presenterà il libro “Lombardia autonoma? Sì, Lombardia migliore”, per preparare il terreno al referendum consultivo del prossimo anno, quando i lombardi, contestualmente alle elezioni per il sindaco di Milano, dovranno decidere se chiedere l’indipendenza della regione. E Mantovani si è mosso per tempo: ha deciso di intestare a Forza Italia questa battaglia, tra citazioni di Miglio e assonanze con il vocabolario del vecchio Umberto Bossi: “Il federalismo è la vera e unica soluzione alle ricadute dittatoriali di uno stato ultra centralista come quello italiano”. E un po’ è concorrenza alla Lega, un po’ è imitazione, forse disperata, nel partito in difficoltà con la raccolta del consenso e alla ricerca di identità e di leadership.

 

“Fanno quello che possono. Imitano. Cercano nuove strade”, spiega al Foglio Paolo Feltrin, professore all’Università di Trieste, studioso della questione settentrionale. “Forza Italia deve prendere delle decisioni sulla sua identità, è evidente che al momento non ha una linea politica. Deve trovarla, ma probabilmente la strada giusta non è quella dell’imitazione. La gente, alla fine, preferisce sempre l’originale. In questo caso Salvini”. Eppure c’è Renato Brunetta che indossa la maschera del “no euro”, malgrado le perplessità del Cavaliere. E ci sono parlamentari lombardi e dirigenti locali che si atteggiano a leghisti della prima ora. Alessandro Sorte, per esempio, coordinatore provinciale di Bergamo e assessore alle Infrastrutture in Lombardia, martedì scorso, a Romano di Lombardia, ha anticipato Salvini tenendo un comizio di fronte a un istituto scolastico nel quale presto saranno ospitati dei profughi. Sorte ha persino citato la “ruspa”. E Salvini, arrivato poco dopo di fronte alla stessa scuola, è rimasto spiazzato.

 

[**Video_box_2**]Quel referendum autonomista a Milano

Ma in questo mutar di pelle, in questa ricerca di nuova identità, Forza Italia si scontra con delle contraddizioni, e con degli strani ossimori. In provincia di Bergamo, mentre assume le sembianze salviniste, il partito è alleato del Pd in Consiglio comunale. Eppure la ricerca di un nuovo orizzonte è più forte di ogni contraddizione, e il mood neo leghista si diffonde.

 

Mercoledì il senatore Stefano Candiani, della Lega, ha promosso a Palazzo Madama un disegno di legge per tenere anche in Italia un referendum come quello di Atene, sull’euro. L’assemblea del Senato ha respinto la proposta. Ma chi era invece d’accordo? Alcuni senatori di Forza Italia. In particolare Lucio Malan, che si è spinto a dire: “Il referendum darebbe forza al tentativo di costruire un’Europa più democratica, solida, equilibrata”. Il Cavaliere lascia fare. Per ora.
Alessandro Da Rold