Angelino Alfano e Mario Mauro (foto LaPresse)

Cercasi domani per centristi esodati

Alessandro Giuli
Popolari e altri nomadi in Senato. Renzi ballerà, ma loro dove vanno? Un po’ di montagne russe nelle commissioni e lungo la via delle riforme costituzionali, quelle sì, sono da mettere in conto, ma certe acrobazie spericolate erano già nelle premesse del gioco fin dall’inizio della legislatura.

Tre gatti, in fila per sei col resto di due. Sarebbe la variante d’una filastrocca per bambini, eppure la contrabbandano come la notiza del giorno. E che notizia: tre senatori dei Popolari per l’Italia, guidati da Mario Mauro e uno dei quali sottosegretario perfino, escono dalla maggioranza. Un quarto della compagnia popolare, dicono, sarebbe in transito verso l’altro gattile apparecchiato mercoledì in Senato, quello di Raffaele Fitto e dei suoi Conservatori-riformisti italiani in uscita da Forza Italia. Drôle de voyage.
Che il governo di Matteo Renzi abbia a soffrirne in modo letale è tutto da vedere, posto che qualche difficoltà contabile a Palazzo Madama non lo soccorra addirittura, come un robusto pretesto per minacciare l’ordalia del voto anticipato con maggiore assertività. E ottenere ulteriori e ancora incogniti sostegni parlamentari. Un po’ di montagne russe nelle commissioni e lungo la via delle riforme costituzionali, quelle sì, sono da mettere in conto, ma certe acrobazie spericolate erano già nelle premesse del gioco fin dall’inizio della legislatura. Dopodiché, tutto è possibile, anche che Silvio Berlusconi raccatti di qua (i popolari) mentre perde di là (Fitto), e che l’abusata metafora del Vietnam diventi un paesaggio reale. Ma con quale prospettiva? E a vantaggio di chi?

 

Le due Camere, come ha qui ricordato con una certa malizia il senatore democratico Tonini, sono occupate da bivacchi di candidati alla disoccupazione, non è loro interesse anticipare la propria flessibilità in uscita. In questa grande platea, poi, i centristi nomadici non dispongono di un domicilio unico ma sono più o meno tutti rubricabili sotto l’etichetta degli esodati: ancora inabili alla pensione, irrilevanti nel grande gioco di Palazzo, in frettolosa cerca di un domani. Come biasimarli. E come redimerli. In questo clangore di formiche si distingue la famiglia neo-centro-destrista di Angelino Alfano, scorticata dall’indifferenza degli elettori e ormai prossima al divorzio breve fra massimalisti ministeriali e nostalgici del berlusconismo. In ogni caso, il fruscio di fondo è quello degli scatoloni che si riempiono delle scartoffie e delle illusioni cullate da chi, oggi, sta per smobilitare un vecchio ufficio di collocamento chiamato centro.