Matteo Renzi (foto LaPresse)

Lo squadrismo, che risate

Giuliano Ferrara
Renzi come De Gasperi e il Duce non è solo una sciocchezza ma è un colossale complimento, scemotti. E’ un paragone sghembo, impalatabile, perché tra le primarie del Pd, con l’alternanza di sconfitta e poi di vittoria, e la marcia su Roma c’è una differenza, e il mondo della Leopolda è parecchio diverso da quello del 18 aprile 1948.

Quant’è brutta l’ignoranza, dice un motto popolaresco e molto efficace. Si sgolano a dire che Renzi è come Mussolini e come De Gasperi perché mette la fiducia sulla legge elettorale. E’ un paragone sghembo, impalatabile, perché tra le primarie del Pd, con l’alternanza di sconfitta e poi di vittoria, e la marcia su Roma c’è una differenza, e il mondo della Leopolda è parecchio diverso da quello del 18 aprile 1948. E le elezioni europee il dittatore boy scout le ha stravinte con la legge elettorale proporzionale. Ma oltre che una scemenza, a riflettere bene, il paragone è un colossale complimento.

 

Mussolini fomentò lo squadrismo e con un programma law and order realizzò un colpo di mano, dopo un intermezzo elettorale e parlamentare, nel periodo seguente all’assassinio del martire Matteotti, abolì i partiti e la libertà di stampa, più o meno il programma di Casaleggio, e fece le odiose leggi razziali contro gli ebrei, ostentò una retorica bolsa di tipo imperiale, portò l’Italia in guerra in modo pusillo e dalla parte sbagliata, e perse nella rovina su tutta la linea. Ciononostante ebbe una sua grandezza che solo gli stolti gli negano, nello spirito infame di piazzale Loreto da distinguere dalla memoria felice della guerra di Liberazione e dal ricordo storico della guerra civile (che ebbe aspetti anche tremendamente sinistri in particolare dopo il 1945). Fu uno statista nella tempesta degli anni Venti dopo la comparsa in Europa del bolscevismo, fu un socialista vòlto al nazionalismo e al totalitarismo, inventò un regime che si studierà ancora per un secolo almeno, godette della stima cinica di Churchill e di molti altri, ebbe contro minoranze intransigenti di ceppo altrettanto totalitario (i comunisti) e minoranze democratico-liberali di vecchio stampo che compresero tardi il carattere autoritario del regime e i tremendi vincoli politici e ideologici che lo avrebbero portato sulla scia del nazionalsocialismo tedesco, autore dello sterminio degli ebrei d’Europa. Comunisti e liberali e azionisti furono anche eroici nel combatterlo, ma soccombettero perché negli anni Venti quelle classi dirigenti furono nel loro immobilismo e massimalismo, come scriveva Gramsci, “un elemento di dissoluzione della società italiana”. Mussolini è finito nella storia come un grande statista italiano del Novecento, uno sconfitto e un dittatore-duce che non si augura a nessuna democrazia moderna ma un creatore di modelli e retoriche politiche senza pari nel suo secolo.

 

[**Video_box_2**]In un gioco di trasversalismi che si spiega con la politica e non con il moralismo, Croce fu sostenitore del primo governo Mussolini, un pezzo della destra liberale entrò nel Listone delle elezioni del 1924, che la lista del Fascio Littorio vinse con il 60 per cento dei voti, senza alcun bisogno della legge elettorale Acerbo varata un anno prima con la posizione della fiducia in Parlamento (legge simile al Porcellum), e De Gasperi con i popolari sostenne per alcun tempo la maggioranza ormai fatalmente fascistizzantesi, prima della deriva autoritaria definitiva che arrivò con le leggi eccezionali del 1926 ma già annunciatasi per l’Italia sul terreno scivoloso della costruzione di un regime. De Gasperi emerse poi, dopo la Liberazione e attraverso le vicissitudini complicate dell’opposizione popolare e cattolica al regime (che fu concordatario con la chiesa) e della costruzione della Dc, come leader bello tosto della neonata democrazia italiana, cacciò i comunisti dal governo ciellenista e li sfidò il 18 aprile 48, vincendo e portando a compimento il processo costituzionale e collocando l’Italia nel Patto atlantico. Nel 1953 varò una legge maggioritaria, con una soglia superiore al 50 per cento dei voti per un piccolo premio di maggioranza agli apparentati nella lista vincente, e perse avviando il proprio declino. Comunque la si pensi, si deve sapere che quella legge, che non scattò, fu appoggiata da una parte cospicua e autorevole dell’area liberale, e in particolare dagli ambienti del famoso gruppo del Mondo di Pannunzio, con le stesse ragioni di sistema, in particolare la stabilità dei governi, elemento cruciale di una democrazia seria, addotte oggi da chi appoggia l’Italicum. Anche De Gasperi, che fu fondatore della Repubblica insieme a tanti e in posizione più eminente e decisiva dei suoi pari, fu uno sconfitto. E anche su di lui ci si domandò se fosse possibile un giudizio equanime, che puntualmente finì con l’essere pronunciato dai libri di storia. Insomma, se vogliono dannare Renzi per la posizione del voto di fiducia costituzionalissimo sulla legge elettorale (né la fiducia parlamentare voluta dal Duce né quella di De Gasperi ebbero conseguenze autoritarie), ne trovino un’altra. Così gli sciocchi lo issano su un piedistallo con qualche anticipo sugli eventuali tempi.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.