Pippo Civati (foto LaPresse)

Il pistolero del Lambro

Redazione
Civati detto Pippo, che tutti farebbe tremar (ma nessuno lo chiama)

Civati è solo Pippo, ma “di persona personalmente” tende a considerarsi piuttosto eroico. “Renzi è abilissimo nel torturare i dissidenti”, ha detto ieri al Corriere, reduce tormentato (la barba non ripassata da ben 36 ore) ma invitto, basito ma combattivo, dalle segrete del Nazaren Abu Ghraib. Molto gongolante per la vittoria alle primarie in gondola di Casson, oculisticamente agguerrito (“’sti gufi vedono nel buio”), Pippo gioca a fare il piccolo Matteo del Lambro invece che dell’Arno: dà voti, molla cazzotti, promette sconquassi. “Sulla legge elettorale sarà un duello western”, annuncia, facendo già intravedere le Colt ai fianchi – un po’ Trinità un po’ Django. Se Bersani è ormai quasi unanimemente il “compagno penultimatum” – adesso voto sì, ma attenti che la prossima volta voto no – Pippo è quello che sta sempre sulla porta, fermatemi sennò me ne vado!, e senza che qualcuno gli tenga neppure il laccio di una scarpa lì resta – granitico e insieme mobile, come le figurine delle lanterne magiche.

 

Ovviamente, nessuno sa fare meglio di lui, vera Mariarosa (ogni cosa sai far tu) del Pd – né Renzi, per carità, il Torquemada dei mejo compagni, ma neppure la variegata compagnia a lui più prossima, dai Cuperlo ai Fassina: “Se io fossi Renzi, sognerei un’opposizione così”. In realtà Renzi, figurarsi, così se la sognava e così se l’è ritrovata. E nei suoi sogni migliori, proprio Pippo deve esserci. Nemmeno Landini, a dir la verità, lo appaga, “deve chiarire dove vuole arrivare”. Ma lui andrà con Landini? “E’ presto”. Fenomenale. Landini non chiama, Renzi non spintona fuori, e Pippo resta sulla porta, a rischio di spifferi e fischi. Ma chi si crede di essere, Renzi Matteo?

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