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Piccola Posta
Le “battaglie cruente” si sono avvicinate, dall'Asia all'Europa
I signori di Pechino disprezzano la fatica indolente della democrazia, dell'opposizione. Xi, Putin, Kim Jong Un, Modi, e poi Pezeshkian, Lukashenko, Erdogan. L'occidente ora si pronuncia solo per farsene beffe, Trump e la sua America "profonda" non ne fanno più parte e l'Europa non è che un moscerino politico
Si fece del sarcasmo sugli studiosi bizantini del divino che continuavano a dibattere del sesso degli angeli mentre Costantinopoli veniva espugnata dai turchi, e con lei l’impero romano d’oriente. Ci sono mattine in cui penso che un paese ideale sia quello in cui si discute del sesso degli angeli. Ieri, per esempio: era quasi divertente, a pericolo scampato, leggere di cinque turchi armati per colpire la festa di Santa Rosa a Viterbo, e altri due turchi ricercati nel resto d’Italia. Mentre l’impero americano d’occidente vacilla sotto il broncio disgustoso di Donald Trump. Nel 1883 Paul Verlaine scrisse il suo sonetto più famoso, che si intitolava splendidamente Languore. Diceva qualcosa del genere, benché mostrasse di dispiacersene. “Sono l’impero alla fine della decadenza, / che guarda passare i grandi Barbari bianchi / componendo acrostici indolenti dove danza / il languore del sole in uno stile d’oro”. Gli acrostici indolenti sono eredi degli angeli dal sesso incerto e dalle ali spolverate d’oro. “Laggiù, si dice, infuriano lunghe battaglie cruente”. Qui: “tutto è bevuto, tutto è mangiato! Niente più da dire!”
Gli acrostici indolenti: le battaglie cruente si sono avvicinate, e in Puglia si aspetta il candidato, o la candidata, del centrodestra, quello del centrosinistra è deciso, è Decaro, visto che finalmente Emiliano ha rinunciato, ma a condizione che rinunci anche Vendola, cui Avs potrebbe rinunciare solo al costo di perdere la propria indipendenza, e la segretaria Schlein non vuole rinunciare a un candidato solido come Decaro né a un alleato necessario come Avs. E’ la fatica della democrazia, pazienza, lentezza, cedevolezza – rigore, fermezza, fedeltà.
Ah, un’assemblea nella cattedrale di Otranto sul sesso degli angeli, ora che i turchi sono nella Nato e sono appena andati a Pechino. Là i grandi barbari sono nel pieno del vigore, non importa che siano bianchi. Non conoscono, e disprezzano la fatica indolente della democrazia. Dell’opposizione. Il più vigoroso, il rispettato compagno Kim Jong Un, e la sua tredicenne erede dinastica, sarebbero colti da un fremito di orrore al solo sentir nominare il bisogno di un’opposizione. La Nord-Corea è un caso estremo, certo. Un caso estremo con l’atomica, normalizzato sul fronte ucraino e sulla scena di Pechino. Dell’opposizione in Cina, a Hong Kong, e domani a Taiwan, sappiamo quasi tutto. Della Russia anche: la Russia di Putin ha questo pregio in più, di ostentare come un vanto le proprie pratiche sull’opposizione. Quando Navalny fece confessare ai suoi avvelenatori di avergli riempito le mutande di Novičok, Putin fece sapere che “se fossimo stati noi, non sarebbe vivo”: non lo è, infatti. Nella Federazione russa, constatano in molti con una strana soddisfazione, una vera opposizione non c’è, se non in galera e in esilio. Niente acrostici languidi in una luce d’oro. Questo, quanto al terzetto di prima fila nell’apoteosi pechinese, con Xi al centro.
C’era anche l’India di Narendra Modi: di lei è impossibile dire che un’opposizione non ci sia. C’è una repressione razzista contro la minoranza musulmana, una aggressiva limitazione delle libertà politiche e civili, un ricorso estremista al nazionalismo, ma la democrazia non è ancora sgombrata per intero. Una condizione analoga, solo peggiore, è quella del confinante Pakistan, e sono ambedue “potenze” nucleari - il nome di potenza è ormai riservato solo a chi abbia la Bomba, così da far sentire tutti gli altri, paesi e singoli, impotenti - e sull’orlo cronico della guerra reciproca. Poi a Pechino c’era il presidente iraniano Pezeshkian, sulla cui opposizione interna, quella non ancora impiccata, sappiamo. C’era la parodia bielorussa di dittatore interposto, Lukashenko, che un’opposizione ce l’aveva, e anzi una maggioranza di oppositrici e oppositori, ma riuscì grazie alla fratellanza grande-russa a giustiziarla. C’era il generale Min Aung Hlaing, a capo del Myanmar di cui sapete. C’era, complicazione spettacolare, Erdogan, secondo esercito della Nato e titolare di un’opposizione che fa traboccare le carceri. E così via, scorrete pure l’elenco degli altri invitati.
L’occidente ora si pronuncia quasi solo per farsene beffe, come chi uccida un uomo moribondo. Trump e la sua America “profonda” non gli appartengono più se non come la fine della decadenza senza languore né stile d’oro. Il sogno del Nobel per la pace al posto della pace, il sogno di una riviera di famiglia al costo di un mattatoio e una deportazione, la probabilità di collaborare a una guerra universale quasi senza volere – come cambiare il nome del ministero della Difesa in ministero della Guerra, un affare per i citofoni. Per rendere più grande l’America la sua inconsulta leadership si affanna a spegnerne gli strumenti dell’opposizione e farne un regime di polizia pubblica e privata.
L’Europa, il moscerino politico nell’occhio di Xi Jinping, non si limita ad avere un’opposizione, più opposizioni, ma è sempre più una giostra di opposizioni: governi col fiato sul collo, minoranze pronte a diventare maggioranze o già tali, fino alla prossima mezza stagione. Se ne fanno beffe, i titolari di un nuovo non-nuovo genere di opposizione che impiega licenziosamente la tarda e imbelle democrazia per denunciarla guerrafondaia e per opporle lo splendore delle luci colori e suoni di Tienanmen e, perché no, della provinciale Alaska. Ieri (sul Fatto, naturalmente) c’era una vasta pagina di bilancio dopo Pechino, ragionevole, ma intitolata così: “REORIENT, IL NUOVO CUORE DEL MONDO”. Sommario: “ASSE STRATEGICO Sta riemergendo una comunità alternativa a quella classica occidentale, che va dall’Est Europa fino alla fine del continente più esteso, connettendo colossi come Russia, Cina e India (ma non solo)”.
Il CUORE del mondo: non un altro organo, vitale ma un po’ meno sentimentale. Il CUORE: mai trapianto fu più spericolato. Diavolo di un occidente: a furia di accapigliarsi sul sesso degli angeli e degli umani, angeli caduti, non poteva che finire così. In disarmo, anema e core. Ieri uno smagliante Putin ha ordinato lui, altro che Zacharova, di togliersi dalla testa l’idea di mettere soldati europei sul suolo provvisoriamente ucraino, e un frustrato Trump a ungheresi e slovacchi e qualunque altro europeo di comprare gas dalla Russia. E pensare che l’Europa non ha ancora un numero di telefono.