LaPresse

Piccola Posta

Una flotta in tempi bui

Adriano Sofri

Lo svolgimento più sensato della storia sarebbe una traversata illesa, uno sbarco senza ostacoli e il compimento del progetto: abbracci, distribuzione alle persone dalle quali Hamas si terrebbe lontana, lacrime ben spese. Ma non succederà

Salpa una flotta volontaria ed eterogenea col proposito di rendere efficace e simbolica la solidarietà con la popolazione civile di Gaza falcidiata urtata e affamata, la segua l’augurio più sincero. Salpa senza ignorare i rischi che corre, non solo per le minacce imbecilli del ministro israeliano della vergogna. Non è una riedizione della crociata dei fanciulli (1212, raccomando la lettura della voce). Ho appena riletto il lungo dossier sulla Freedom Flotilla e il massacro della Mavi Marmara del maggio 2010. Ne raccomando la lettura: nodi che non hanno fatto che aggrovigliarsi. Un dettaglio sulla lunga durata: i due stati più direttamente coinvolti e contrapposti erano quelli israeliano e turco, alla loro testa erano Benjamin Netanyahu e Recep Tayyip Erdogan. (L’animatrice della Flotilla si chiamava Greta, ma un’altra).


Certo che lo svolgimento più sensato sarebbe una traversata illesa, uno sbarco senza ostacoli (che i naviganti siano terroristi sembra ridicolo perfino al nostro ministro degli Esteri) e il compimento del progetto: abbracci, distribuzione alle persone dalle quali Hamas si terrebbe prudentemente lontana, abbracci, lacrime ben spese. Non succederà. Peccato. Si è rievocata, non solo a Genova, la solidarietà internazionale contro il mercato delle armi e contro la guerra. Era successo nel maggio 2022, a ridosso dell’invasione russa e della resistenza ucraina. Si disse che “all’aeroporto di Pisa e al porto di Genova” gli operai e i portuali si erano rifiutati di caricare armi destinate all’Ucraina, e se ne lodò, in raduni di arrendisti, la rianimazione dello spirito internazionalista. Non riuscii a sapere che portata avessero avuto quelle azioni, e se l’avessero avuta. Mi sembrarono il frutto di un fraintendimento esemplare, un atto contro la difesa di un popolo aggredito a casa sua. Negli stessi giorni, con una diversa portata, ferrovieri e lavoratori bielorussi sabotarono i trasporti militari russi alla frontiera con l’Ucraina invasa, e furono bastonati e incarcerati. 


Nei giorni scorsi Genova, con una larghissima partecipazione, e i suoi portuali, hanno manifestato concretamente la propria solidarietà con la popolazione civile di Gaza. Bellissima iniziativa. Che ha dato risalto a voci di portuali, “camalli”, da tempo dimenticati dalle cronache, o dati per superati dalla nuova atmosfera tecnologica e politica. (Ci fu il soprassalto della triste Trieste antivaccini). Una voce è risuonata più forte e più nobilmente “antica”, quella del camallo Riccardo Rudino: “Voglio che sia chiaro a tutti: intorno a metà settembre queste barche arriveranno vicino alla costa di Gaza. Se noi per soltanto venti minuti perdiamo il contatto con le nostre barche, con le nostre compagne e i nostri compagni, noi blocchiamo tutta l’Europa. E me lo sono scritto qua così non me lo dimentico. Insieme al nostro sindacato Usb, insieme a tutti i lavoratori portuali che ci stanno, insieme a tutta la città di Genova - da questa regione escono 13-14 mila container all’anno per Israele, non esce più un chiodo”. Chissà se se lo può permettere.

Antica è anche questa immagine della forza matura dei portuali, e della classe operaia, che vigila e protegge l’escursione generosa di compagne e compagni che prendono l’alto mare. La flotta imbarca anche un altro esponente di spicco dei portuali, José Nivoi. Rudino e Nivoi sono entrambi dell’Usb, dopo essere stati delegati della Filt Cgil. Credo che la presenza sindacale al porto genovese sia diventata sempre più ridotta, fino all’insignificanza per le altre due confederazioni. C’è, legato all’Usb benché non del tutto coincidente, un Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali, Calp, e mi sembra di aver capito che queste forze, insieme alla Cgil che resta praticamente decisiva, abbiano concordato di bloccare tre settimane fa l’imbarco di materiale bellico – “i lavoratori saliti a bordo hanno trovato la nave carica come raramente accaduto: sistemi d’arma, esplosivi, munizioni”, compreso un cannone Oto Melara destinato ufficialmente alla Fincantieri ad Abu Dhabi – su una nave saudita diretta in medio oriente, salve rassicurazioni provate sulla diversa destinazione. Il Calp rivendica rapporti efficaci, quanto al boicottaggio dei trasporti di armamenti, con i portuali di Marsiglia, coi greci e di altri paesi del Mediterraneo e del nord. Chi, come me, non conosce abbastanza le cose e sa che gli ideali, anche quando diventano così impetuosamente sentiti, non compensano gli interessi, si chiede se davvero la Genova del porto, dopo quella della enorme manifestazione cittadina, possa diventare un retroterra della flotta all’avventura, capace di mettere in pensiero i ministri israeliani svelti di parole e di mano. 


 

Di più su questi argomenti: