
foto dalla pagina Instagram del "Festival dei sensi" di Cisternino
Piccola Posta
Il lento e profondo genius loci ci salverà dall'arroganza del genius saeculi
A Cisternino, al "Festival dei sensi", che è nato sedici anni fa per iniziativa di Milly Semeraro. Milly racconta il modo in cui, nel corso della sua adolescenza, il tempo abbia soffiato sulla sua terra mettendone a repentaglio l'anima e le cose. E di fronte all'invadenza dello Zeitgeist, non posso che sperare nella resistenza del prudente spirito dei luoghi
Chi partecipi, come moderatamente anch’io, di festival e incontri di discussioni attorno a libri o ad argomenti culturali, si chiede che cosa li differenzi dai non luoghi, come li chiamò Marc Augé più di trent’anni fa: supermarket, aeroporti, stazioni, autogrill, anonimi, uguali. Soprattutto scorrendo il repertorio di nomi dei partecipanti, una compagnia di giro via via più allargata – siamo postindustrali – ma fortemente ripetitiva. A compensarne l’uniformità sta almeno in parte la differenza degli uditori (che d’estate tuttavia si riduce) e specialmente dei luoghi, se non altro per gli ospiti che mettono insieme la loro oretta di dibattito con una o due giornate impiegate a guardarsi attorno. Oggi scrivo dalla Puglia della Valle d’Itria, all’indomani della conclusione di un “Festival dei sensi” che si svolge a Cisternino da sedici anni per iniziativa di una giovane donna che si chiama Milly Semeraro, e ha raccolto attorno a sé un numero notevole di collaboratrici e collaboratori. Anch’io sono abbastanza a casa, mio padre nacque a Francavilla Fontana, ai bordi della Valle, a metà fra Jonio e Adriatico.
Il tema di quest’anno era “Tempo”, con la moltitudine di diramazioni che potete immaginare. La parte più vicina a me, a Enrico Deaglio e a Valeria Gandus che interloquiva con noi, era dedicata allo Zeitgeist, lo spirito del tempo, e più strettamente agli “irripetibili”, controversi e contraddittori e promettenti anni Settanta, cui Deaglio è arrivato nella sua opera di decennalista della storia d’Italia. Il nostro incontro era programmato alle 22,30 di sera, in una magnifica masseria fuori mano, ciò che farebbe prevedere una partecipazione rara di amatori. C’erano più di quattrocento persone, e avevano anche pagato un modesto biglietto d’ingresso. Una analoga folta partecipazione hanno i numerosi altri incontri, tenuti in masserie, strade, conventi e altri recapiti disparati, sparsi nel territorio. Ciascuno con una sua storia, che è già un antidoto al non-luogo. Della masseria Capece, la nostra, ci è stato illustrato un passato di generazioni, arricchito dall’adesione audace alla rivoluzione giacobina napoletana del ’99 – quella del gran saggio di Vincenzo Cuoco – e dal successivo esilio dei protagonisti, sostituiti da una proprietà che custodisce con cura il retaggio del frantoio e degli altri edifici, e il patrimonio botanico, compreso un agrumeto ricco delle più rare varietà – del resto Milly ci ha avvertiti delle centinaia di varietà di fichi nel Conservatorio botanico di Cisternino, che i suoi itinerari annuali illustrano agli avventori stupefatti.
Ora, lo Zeitgeist è un affare difficile da maneggiare. Ci furono un momento e un pensatore, Georg Wilhelm Friedrich Hegel, in cui sembrò incarnarsi in Napoleone Bonaparte e nel suo cavallo bianco. Scrisse Hegel, sia pure cautamente, in una lettera privata: “L’imperatore – quest’anima del mondo – l’ho visto uscire a cavallo dalla città, in ricognizione; è davvero una sensazione singolare vedere un tale individuo che qui, concentrato in un punto, seduto su un cavallo, spazia sul mondo e lo domina”. Mi scuso di ricorrere a questa inesorabile citazione che serve a farsi la triviale domanda del giorno: lo spirito del mondo è oggi incarnato da Donald Trump? Così triviale che i paragoni con le precipitazioni di un secolo fa, la crisi dell’Illuminismo e la distruzione della ragione e l’avvento dei totalitarismi e la loro lunga e non vista incubazione, sembrano sproporzionati. Forse la verità è che non si vede mai abbastanza arrivare quello che arriva. Forse Trump, e i suoi colleghi di Zeitgeist bruscamente alla ribalta, sono effimeri cialtroneschi impostori, e la storia appena massaggiata si reincamminerà zoppicando, e il tempo sarà rianimato dall’accantonamento delle guerre, dalla conversione ecologica, dai femminismi e dalle libertà, dal piacere della scienza e della conoscenza? Sento già la risposta di un barbone filosofo sul gradino della concattedrale di Ostuni: “Ma non fatemi ridere!” (traduzione mia).
Non saprei dire. Ma il racconto di Milly sul modo in cui nel corso della sua adolescenza il tempo ha soffiato sulla Valle d’Itria mettendone a repentaglio l’anima e le cose e le mucche, estinte salvo qualche campione da turismo, e mutando le braci domestiche di Cisternino in una grottesca capitale dell’arrosto stradale, e sulla miriade di masserie eccitate da appassionati pubblici nottambuli, mi fa puntare sull’eventualità che lo spirito lento e profondo dei luoghi possa, se non prevalere, almeno arginare l’invadenza dello spirito del tempo, il paziente genius loci resistere all’arrogante genius saeculi. Bisogna fare un lungo respiro e trattenere il fiato. Poi respirare normalmente. Forse.