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Piccola Posta

Battersi per i morti e restituire l'onore e la memoria

Adriano Sofri

Nell’estate del 1916, a Cercivento, in Carnia, gli alpini dell’8° Reggimento rifiutarono di obbedire a un ordine insensato che li destinava a un’azione suicida. Vennero condannati a morte e fucilati dietro la chiesa. Da molti anni persone di buona volontà sono impegnate affinché nessuno dimentichi

C’è una frase di Jules Michelet che dice: “Je suis tendre avec tous les morts” – provo una tenerezza per tutti i morti. E’ difficile, in realtà, forse più che amare il prossimo tuo quando siete ancora vivi, tu e lui. C’è un paesino in Carnia, poche centinaia di abitanti, 600 metri di altitudine, ha un nome fiabesco, Cercivento. Nell’estate del 1916 gli alpini dell’8° Reggimento, 80 uomini, rifiutarono di obbedire a un ordine insensato che li destinava a un’azione suicida. Vennero processati il 1° luglio dentro la chiesa del paese. In 29 furono condannati a 145 anni di carcere. Quattro, tre caporali e un soldato semplice, dichiarati colpevoli di rivolta in faccia al nemico, vennero condannati a morte e fucilati dietro la chiesa. Erano ventenni o poco più, si chiamavano Silvio Gaetano Ortis, Giovanni Battista Corradazzi, Basilio Matiz, Angelo Massaro. Erano di paesi vicini, Paluzza, Forni di Sopra, Timau, in provincia di Udine, il quarto di Maniago, in provincia di Pordenone.

 

Da molti anni persone di buona volontà sono impegnate a restituire l’onore alla loro memoria e a quella dei tantissimi decimati dal Plotone d’esecuzione. Quattro anni fa, nel centenario, una cerimonia li commemorò, con le orazioni dell’ex presidente del Senato Franco Marini e dello storico Guido Crainz. C’è in Parlamento un disegno di legge, n. 991, proposto dalla senatrice Tatiana Rojc, per restituire l’onore ai soldati fucilati nella Prima guerra sul campo o per effetto di sentenze inique dei Tribunali speciali militari. Un comitato ristretto ha concluso i suoi lavori che aspettano di passare alla Commissione Difesa, presieduta da Roberta Pinotti. Per sollecitarne la discussione, Franco Corleone ha attuato un lungo digiuno, cui si sono uniti in molti in una catena prima fisica poi ideale. Fra loro don Pierluigi Di Piazza, il parroco di Zugliano fondatore del Centro di accoglienza Ernesto Balducci.

 

Di Piazza ha ricordato come il parroco di Cercivento avesse coperto con un panno l’Eucarestia nella sua chiesa adibita a Tribunale Militare, per esonerare Dio, “il Dio di Gesù di Nazareth”, da quell’oltraggio all’umanità. Franco Corleone ha un legame personale con quei luoghi, si è fatto curatore dei loro cimiteri di montagna, si sforza di tenere insieme la memoria “di eroi e disobbedienti”, la memoria di contadini e montanari mandati a combattere contro loro fratelli e a morire all’ingrosso senza sapere perché, e la memoria di interventisti democratici, come il mazziniano Aldo Rosselli, il maggiore di Carlo e Nello, caduto sul Pal Piccolo, di fronte alla montagna di Cercivento, nemmeno quattro mesi prima. C’è qualcosa di cavalleresco in questo battersi per amore dei morti e del loro onore. Piuttosto, è in questo l’anima migliore della cavalleria. Quanto è distante da una commissione e da un’aula parlamentare?

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