Eugenio Papetti

Eugenio Papetti era un maestro

Adriano Sofri

Un militante che ha insegnato l’italiano ma soprattutto l’impegno civile

In morte di Eugenio Papetti. Per noi suoi antichi compagni e amici era proverbialmente “Eugenio di Brescia”. Aveva compiuto 60 anni a novembre. Era stato dunque “militante” quando era uno studente liceale. La qualifica più importante per parlarne, quella che lui stesso metteva al primo posto, era: Maestro elementare. E’ stato maestro in scuole bresciane, la Manzoni e poi la Calini, e anche nel carcere di Canton Mombello. Ha aiutato generazioni di stranieri a imparare l’italiano e insieme a leggere e scrivere. Esperto com’era della Lega delle origini aveva avvertito da tempo noi delle regioni “sicure”, di Toscana per esempio, che la Lega sarebbe arrivata al seguito degli stranieri mal accolti. Era maestro anche di musica e suonatore di sax, di osterie o di strade.

 

L’impegno civile sulla strage di Piazza della Loggia e l’informazione critica sui processi gli devono molto. Così sui processi per l’assassinio di Mauro Rostagno. Così per i viaggi di guerra in ex Jugoslavia. Beppe Montanti, che in piazza della Loggia era stato ferito e con Eugenio ha fraternamente collaborato, ha estratto dal suo Facebook un brano dedicato a Matteo Salvini che mostra il tono di Eugenio: “Ma perché la mamma non gli ha regalato una ruspa da spiaggia da piccino, il fuciletto a tappi di sughero con la cordicella, la pistola ad acqua, l’elmetto dei pompieri, la macchinina a pedali dei carabinieri e qualche foto ricordo da mettere in salotto per i parenti…? che così si sfogava e, contento, forse cresceva normale”. Nonostante il giorno festivo, Santo Stefano, c’era molta gente nella chiesa di San Faustino, il patrono di Brescia. Il celebrante conosceva Eugenio e ha parlato di una sua “profondità”, ha detto anche che si era comunicato, in ospedale. Lo aveva fatto, sollevando qualche stupore, e una delle persone di lui più intime gli aveva chiesto perché. “Perché no?”, aveva risposto.

 

Manlio Milani ha ricordato in particolare il lavoro di Eugenio col carcere, e la sua disponibilità ad ascoltare e interrogarsi sulle ragioni altrui, anche dei più “nemici”. Manlio Cammarata, presidente del consiglio comunale bresciano, ha raccontato la dedizione schiva di Eugenio al suo prossimo. In tanti amavano Eugenio ma non avevano mai avuto l’occasione di mettere insieme tutti i fili della trama della sua esistenza; forse, come succede, nemmeno i suoi figli, che hanno scoperto quanti contassero su quel loro padre, e quanto. Con gli alunni antichi c’erano quelli di ora, nei primi banchi della chiesa, e piangevano. Gli alunni di Eugenio gli vogliono molto bene e hanno riempito i giorni ultimi della sua rovinosa malattia coi loro pensieri e auguri. E’ la più classica ed evocatrice delle nostre immagini quella degli scolari che piangono il loro caro maestro morto. Quest’anno fanno la quarta, alla scuola primaria Gezio Calini, che si trova nel centro di Brescia ed era stata anche il suo liceo. Gezio Calini, ho appena guardato, fu un leggendario crociato del XII secolo, che si illustrò nell’assedio di Damasco. Ho appena riguardato anche il libro Cuore, dove racconta la morte della maestra, e la corona di fiori dedicata dalle “antiche alunne di quarta”. De Amicis aveva un’alta idea di quel mestiere. “La gente s’affacciava alle finestre e sugli usci, e a vedere tutti quei ragazzi e la corona, dicevano: – E’ una maestra”. Lo direi di Eugenio, ma più affabilmente, più confidenzialmente e sorridentemente, con un sottofondo di Coltrane, Ev’ry time we say goodbye: Era un maestro.

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