Masud Barzani (foto LaPresse)

La mossa di Barzani verso l'Iran

Adriano Sofri

Al Dipartimento di Stato americano i discorsi di Barzani non sembrare sfoghi di un battuto e amareggiato

Da un paio di giorni Masud Barzani, che non parla più da presidente del Governo Regionale Curdo, dice cose grosse. Note ma grosse, a sentirle da lui. Dice, due giorni fa, che “noi (i curdi) stiamo rivedendo severamente i nostri rapporti con gli Stati Uniti”, e che “potremmo scoprire nei russi degli amici migliori”. Dice, ieri, che “americani e britannici erano al corrente dell’operazione militare irachena, che si servisse degli armamenti forniti da loro per combattere l’Isis, e che fosse guidata dagli iraniani”, e, quanto alla “relazione fra la Casa Bianca e il Kurdistan”, che non sa se esista. Dice che il referendum sull’indipendenza curda non è stato tenuto troppo presto, ma forse troppo tardi. Si deve pensare che lo sperimentato Barzani stia semplicemente sfogandosi? Si stia togliendo dalle scarpe il suo macigno? Qualcuno ne dubita, e suggerisce che Barzani stia giocando, in un modo appena allusivo, la carta più spericolata e imprevedibile, che non è il passaggio dal legame con la coalizione guidata dagli Usa a un patronato russo, ma una mossa verso l’Iran. A Newsweek Barzani ha detto che “le decisioni irachene sono in mano all’Iran, e i curdi non intendono affrontare gli iraniani né rivaleggiare con loro”, e, più insinuantemente, che “si deciderà in futuro” se la Regione Curda collaborerà con l’Iran o no. Basta conoscere un po’ degli storici salti di alleanze dei curdi e delle loro rispettive fazioni, anche i più scandalosi, per figurarsi che anche al Dipartimento di Stato i discorsi di Barzani non debbano sembrare sfoghi di un battuto e amareggiato. Pare che stia arrivando a Erbil una più impegnativa delegazione americana. Valli a capire questi curdi. E va’ a capire questi americani.

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