La copertina di una raccolta di Sanremo 1966

Piccola posta

Strani scherzi della vecchiaia

Adriano Sofri

A volte ti fa dire: “Anche questo mi toccava vedere!”. Altre volte ti fa pensare di aver già visto tutto, e di assistere a delle repliche

Avete visto che cos’è successo in Svezia l’altro giorno. Mi capirete se dico che non me la sento più di descrivere rivalità e divisioni fra i partiti curdi. Avete visto che cos’è successo in Italia l’altro giorno. La vecchiaia si comporta in modo strampalato. A volte ti fa dire: “Anche questo mi toccava vedere!”. Altre volte ti fa pensare di aver già visto tutto, e di assistere a delle repliche – no, non solo delle tragedie in farse, anche delle farse in tragedie. Ma comunque! – come dice Neige. Ho guardato un po’ di Sanremo con amici curdo-italiani così affezionati all’Italia da voler guardare anche Sanremo. A parte Paola Turci, fuori concorso, ho visto che Gabbani e Mannoia andavano forte. Però guardavo Gabbani e mi ricordavo di Morgan matto da legare (Karel Reisz, 1966; non lo spiegherò, vedetevelo, e mi ringrazierete, e comunque vi basterà dare un’occhiata alla locandina in pelliccia di gorilla). Guardavo Mannoia e mi ricordavo di Gracias a la vida (Violeta Parra, 1966; riascoltatela, o ascoltatela, se non l’avete fatto, e mi ringrazierete). La chair est triste, hélas, et j’ai vu toutes le scissions (la carne è triste, ahimè, e ho visto tutte le scissioni, Mallarmé, più o meno, 1865, leggetela eccetera). Grande anno, il 1966.