Foto ANSA
MAGAZINE
Il rito viennese del Concerto di Capodanno
Non solo musica. L'evento ha attraversato il Novecento e oggi intreccia storia e memoria, al ritmo di un valzer
Chiudete gli occhi e immaginate una lussuosa via, ricca di negozi, caffè e monumenti. Sospese nell’aria, le luminarie natalizie conducono a una colonna monumentale, barocca, in marmo e oro, eretta in memoria delle vittime della peste che colpì l’Europa nel XVII secolo. Qui le bancarelle vendono vin brulé e dolci. Gli uomini vestono giacche imbottite e le donne indossano dirndl rossi e bianchi. Siamo a Vienna, sul Graben, una delle vie più iconiche d’Europa. Qui la storia è ovunque, anche sulle strade che si dice siano “lastricate di cultura”.
L’architettura racconta di una città che un tempo governava un impero vastissimo. I palazzi, che oggi ospitano hotel e gallerie commerciali, erano in passato le residenze urbane di un’aristocrazia nobile e ricca. Il potere può essere svanito, ma il passato riemerge in grandi strutture o in piccoli particolari: nei caffè che servono dolci fin dai tempi in cui Mozart viveva qui, nella Scuola di Equitazione Spagnola, dove i giovani ufficiali dell’esercito si esercitavano nel dressage, nelle scuole di danza che preparano i giovani della città all’annuale stagione dei balli.
Il 12 marzo 1938 l’Austria è annessa al Terzo Reich. A Vienna, Hitler entra trionfalmente, accolto da folle entusiaste. Il plebiscito sancisce formalmente l’Anschluss con percentuali vicine al 100 per cento, dovute a forti pressioni naziste, sia interne che esterne. La città diventa parte integrante del progetto hitleriano e viene subito realizzato un capillare apparato propagandistico, insieme a una rete di controllo militare. Lo scoppio del secondo conflitto mondiale non coinvolge subito Vienna, dove tuttavia si respira un’aria inquietante: il peso incombente della guerra si avverte sin da subito, ed è in questo clima che il 31 dicembre 1939 la Sala d’Oro del Musikverein ospita un concerto che, nelle intenzioni, dovrebbe rasserenare le nazioni di lingua tedesca, collegate via radio. Per volere del Führer, i proventi della vendita dei biglietti sono destinati al Kriegswinterhilfswerk (opera di assistenza invernale di guerra, ndr), avviato dal regime nazionalsocialista.
Il 12 marzo 1938 l’Austria fu annessa al Reich e Vienna divenne parte integrante del progetto hitleriano. Il Concerto nacque in quel clima
Quell’evento diventerà negli anni il “Concerto di Capodanno di Vienna”, un appuntamento che agli inizi fu affidato al direttore d’orchestra Clemens Krauss il quale diresse i concerti fino alla fine della guerra. Krauss rese internazionale l’appuntamento, riuscendo a trasmettere la musica in tutto il Reich tedesco. Nel novembre del 1940, un contratto con la Reichs Radio Corporation stabilì che “quattro Accademie Filarmoniche nella Sala Grande del Musikverein di Vienna avrebbero suonato per la Grande Radio Tedesca” - il 13 dicembre 1940 e il 1° gennaio (un “concerto di Johann Strauss”), il 25 gennaio e il 15 marzo 1941 - tutte dirette da Krauss stesso. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, gli Alleati gli vietarono di dirigere per due anni ed egli tornò sul podio solo nel 1948.
Il primo concerto dopo il conflitto si tenne il 1° gennaio 1946 sotto la direzione di Josef Alois Krips, ed è allora che comparve per la prima volta la denominazione ufficiale, destinata a imporsi, di “Concerto di Capodanno”. Terminato il periodo di interdizione, Krauss tornò a dirigere e guidò altri sette concerti fino al 1954, anno della sua morte. A succedergli fu Willi Boskovsky, uno dei violinisti della Filarmonica di Vienna. Sotto la sua guida ci furono diverse novità: per la prima volta il concerto venne trasmesso anche in televisione e si consolidò l’abitudine di inserire un intermezzo con il Balletto dell’Opera di Stato di Vienna. Poco alla volta si fissarono anche i rituali ormai noti: il programma mantenuto segreto fino all’ultimo momento; i bis con una polka e il valzer “Sul bel Danubio blu”; la conclusione con la “Marcia di Radetzky”, accompagnata dagli applausi ritmati del pubblico.
Poco alla volta si fissarono i rituali noti: il programma segreto; i bis con una polka e il valzer “Sul bel Danubio blu”; la “Marcia di Radetzky” finale
Proprio il repertorio merita un discorso a parte. Agli inizi la musica della dinastia Strauss era stata ignorata, probabilmente perché percepita come “troppo popolare”, legata a un mondo di valzer ritmati, polke scatenate e marce militari che entusiasmavano i sobborghi degradati della città. L’atteggiamento verso la famiglia Strauss cambiò solo gradualmente. A favorire questa rivalutazione contribuì il fatto che i membri di quella straordinaria dinastia di compositori godessero della massima stima presso figure come Franz Liszt, Richard Wagner e Johannes Brahms. Gli stessi Filarmonici di Vienna ebbero più volte occasione di incontrare Johann Strauss figlio. Ciò permise loro di cogliere l’importanza di quella musica e di sperimentare direttamente il carisma del suo creatore, capace di conquistare tutta l’Europa.
La svolta definitiva arrivò nel 1925 con le celebrazioni per il centenario della nascita di Johann Strauss figlio. Felix von Weingartner diresse “Sul bel Danubio blu” (per molti, ancora oggi, è l’inno nazionale non ufficiale dell’Austria) nei concerti in abbonamento della Filarmonica del 17 e 18 ottobre e il 25 ottobre diresse per la prima volta un concerto della Filarmonica di Vienna interamente dedicato alle opere di Strauss. Sin dall’inizio, il regime nazionalsocialista favorì questa valorizzazione della musica della famiglia Strauss, promuovendo un repertorio fortemente legato alla cultura tedesca; un’operazione politica che comportò la necessità d’insabbiare la discendenza parzialmente ebraica del compositore, falsificando il registro delle nozze a Vienna. Questo atto, orchestrato dal ministro della Propaganda, Joseph Goebbels, è documentato da una pagina del suo diario: “Un furbo tizio ha scoperto che Johann Strauss è un ottavo ebreo. Vieto che questo venga reso pubblico. In primo luogo, non è provato e, in secondo luogo, non voglio che l’intero patrimonio culturale tedesco venga gradualmente minato in questo modo. Alla fine rimarranno solo Widukind, Heinrich il Leone e Rosenberg. Non è molto. Mussolini si comporta in modo molto più intelligente. Si occupa dell’intera storia di Roma, fin dai primi giorni dell’antichità. Noi siamo solo dei parvenus, al confronto. Faccio il possibile per risolvere la questione. Questa è anche la volontà del Führer”.
La valorizzazione della musica degli Strauss, promossa anche dal regime. Lo stesso Goebbels ammise che la loro discendenza ebraica fu insabbiata
Com’è evidente, il regime colse l’enorme popolarità della musica degli Strauss, ascoltata e anche ballata in tutte le classi sociali. “La musica era per tutti - ha detto al Guardian Eduard Strauss, discendente di Johann Strauss II - di ogni classe e provenienza. La gente la ballava ai grandi balli, ma anche alle feste private e a casa. Il successo delle melodie è paragonabile alla musica delle grandi pop star”.
Negli ultimi due decenni i Wiener Philharmoniker hanno avviato un percorso di chiarificazione storica sul proprio rapporto con il nazionalsocialismo, affidandosi a studi documentati e a ricerche d’archivio condotte da storici indipendenti e tutte pubblicate sul sito ufficiale. Un passaggio decisivo è stato il lavoro coordinato dallo storico Oliver Rathkolb, i cui risultati sono stati resi pubblici nel 2013, in occasione del 75° anniversario dell’Anschluss. Da quelle ricerche è emerso che una quota significativa dei musicisti dell’orchestra era iscritta al partito nazionalsocialista e che l’istituzione beneficiò, durante il Terzo Reich, di protezioni e riconoscimenti ufficiali. E’ stato inoltre ricostruito il destino di numerosi membri espulsi o perseguitati per motivi razziali e politici, a lungo assenti dalla memoria ufficiale dell’orchestra. In seguito a queste pubblicazioni, la Filarmonica ha deciso di rendere accessibili parte dei propri archivi storici, di revocare alcune onorificenze concesse a esponenti del regime e di affiancare alle attività artistiche iniziative di carattere documentario ed espositivo. Si è trattato di un processo graduale che non ha intaccato la continuità musicale dell’istituzione, ma ne ha modificato il racconto pubblico, sostituendo alla narrazione di una presunta estraneità alla politica una lettura più aderente al contesto storico. In questa prospettiva anche il Concerto di Capodanno, pur rimanendo un evento eminentemente musicale, viene oggi inserito in una storia più ampia che riconosce le condizioni in cui esso nacque e si consolidò. Non una revisione simbolica, ma un tentativo di integrare la dimensione artistica con una maggiore consapevolezza storica.
Tra le novità, anche il cambiamento a ogni edizione del direttore, scelto dalla stessa orchestra. Sul podio della Sala d’Oro si sono succeduti i più illustri maestri, chiamati a celebrare un evento mondiale che ha saputo anche allargare il suo repertorio: la galassia delle danze e dei valzer viennesi è sterminata e l’albero genealogico degli Strauss, autori non unici ma dominanti da sempre nelle locandine, è notoriamente molto ramificato.
Una macchina musicale con un pubblico planetario di circa 1,2 milioni di persone in 92 Paesi nei cinque continenti, che spesso si collegano in cinema e teatri allestiti per seguire in diretta l’evento a cui fanno seguito la produzione di dischi, DVD, materiali fotografici. Un brand capace di attrarre sponsor e soprattutto un numero enorme di persone. Chi vuole partecipare dal vivo, deve tentare la fortuna con una lotteria online che mette in palio biglietti con prezzi che vanno da circa 35 euro fino a 1.200 per il concerto di Capodanno, mentre per gli eventi del 30 e 31 dicembre si va dai 20 agli 860 euro, secondo le varie categorie di posto. La richiesta è di gran lunga superiore all’offerta, tanto che molti spettatori cercano biglietti tramite rivenditori secondari a prezzi molto più alti. Sebbene i ricavi diretti non siano pubblicati ufficialmente in dettaglio, l’evento contribuisce ad attirare turisti con pacchetti che costano tra i 3 mila e i 6 mila euro al giorno per persona.
Vienna è in buona compagnia: in tutto il mondo, il 1° dell’anno è un giorno di musica. Nelle più importanti città si alternano concerti in luoghi istituzionali e non. Parigi è quella che propone maggiori iniziative in spazi come chiese e piccoli auditorium, tutti animati da musica corale o da camera. L’Orchestre National de France propone quest’anno il suo concerto come “un viaggio in Spagna” con musiche di Bizet, Rimskij-Korsakov e Rodrigo. L’Orchestra di Tokyo presenta un concerto sinfonico diretto da Hubert Soudant, con la pianista Koyama Michie che esegue il Concerto n. 2 di Rachmaninov. Il Teatro Real di Madrid e il Lincoln Center di New York riprendono la tradizione viennese con un concerto di brani della famiglia Strauss, in un brillante programma di polke e valzer che celebrano lo spirito del nuovo anno. In Olanda alla Royal Concertgebouw c’è la prima esecuzione della partitura vincitrice di un concorso per giovani compositori dal titolo “Sulla strada del concerto di Capodanno”. La musica sarà protagonista anche al Barbican di Londra, al Teatro Colón di Buenos Aires con concerti serali che culminano con il brindisi della mezzanotte. Molto diffuso anche il balletto con titoli prettamente natalizi come lo “Schiaccianoci” di Čajkovskij o, dello stesso autore, “Il lago dei cigni”.
Vienna è in buona compagnia: in tutto il mondo, da Parigi a Tokyo a New York, il primo dell’anno è un giorno dedicato alla musica
Anche in Italia l’anno inizia a suon di musica. L’Orchestra Sinfonica di Milano, diretta da Emmanuel Tjeknavorian, propone per il secondo anno consecutivo la Sinfonia n. 9 di Beethoven (da lunedì 29, ore 20). Un appuntamento che vuole diventare fisso, con una partitura che è un invito alla fratellanza e alla pace e con una curiosità di colore: il coro e l’orchestra saranno vestiti di rosso, a sottolineare il carattere benaugurante dell’iniziativa. La Nona beethoveniana è protagonista anche all’“Auditorium Toscanini” di Parma con Valentin Uryupin. Da qui ci si sposta al Gran Teatro La Fenice di Venezia per un concerto nato nel 2004 come evento straordinario, conclusione di una serie di iniziative ideate per festeggiare la ricostruzione e la riapertura del teatro dopo l’incendio doloso che lo aveva distrutto nel 1996. Il suo Concerto di Capodanno, trasmesso in diretta televisiva, è diventato un appuntamento fisso che oggi è arrivato alla ventesima edizione. Ogni volta il teatro veneziano accoglie un pubblico numerosissimo che popola le quattro repliche, a partire da lunedì 29 alle ore 20. Alla guida dell’orchestra, Michele Mariotti propone una carrellata di ouverture, intermezzi, arie e brani corali dal repertorio operistico più noto, che si concluderà, come da tradizione, con “Va’, pensiero, sull’ali dorate” dal Nabucco di Verdi e con il brindisi “Libiam ne’ lieti calici” dalla Traviata.
Come si vede, dappertutto il primo gennaio alla musica viene affidato un compito che in altri momenti non le si chiede e il Concerto di Capodanno diviene così rito, luogo in cui convergono leggerezza e memoria, tradizione e rimozione, intrattenimento e storia. Un momento in cui il passato può perdersi in un giro di valzer e il futuro palesarsi alla velocità di pizzicato polka.
il boato in cuffia significa che siamo affamati di realtà
Per romanticismo o genialità contabile, è tornato di moda l'album dal vivo