Il volo della resistenza. L'Ucraina degli Ziferblat all'Eurovision
Dai rifugi antiaerei al palco di Basilea. Il 13 dicembre la band di Kyiv suonerà in Italia per l'Eurofesta. “Le canzoni non ricostruiranno gli edifici ma possono ricostruire lo spirito, la mente delle persone”
“La libertà, per il nostro popolo, è poter scegliere senza chiedere permesso. E per gli ucraini questo significa una sola cosa, la fine della guerra. Perché questo è un conflitto esistenziale, e semplicemente esistere è già una forma di resistenza”. Gli Ziferblat, la band che ha rappresentato l'Ucraina all'ultimo Eurovision, raccontano al Foglio la loro idea di libertà partendo da Bird of Pray, il brano con cui sono saliti sul palco di Basilea. Nella loro musica, la storia personale si intreccia con quella del loro paese. “Su quel palco non portavamo solo una canzone, ma un frammento della memoria culturale ucraina”.
Iniziato con la seconda partecipazione al Vidbir, il concorso nazionale ucraino che assegna il pass per l'Eurovision, il percorso del gruppo non è stato facile. “Era la nostra ultima possibilità – ricorda Fedir Khodakov, batterista del trio – e il giorno dello show è scattato un allarme aereo. L'annuncio dei risultati lo abbiamo ascoltato da un rifugio”. A Basilea poi le emozioni sono esplose. Per il chitarrista Valentyn Leshchynskyi il momento più intenso è arrivato con l'annuncio dell'accesso alla finale. “La mia reazione è finita ovunque su TikTok”, scherza. Suo fratello Daniil definisce “un paradosso le prove senza pubblico, non sapevo come evocare l'energia giusta nel silenzio totale”.
In parte Bird of Pray affonda le radici in una tradizione musicale poco conosciuta, il “Mustache funk” degli anni Sessanta e Settanta. Un'epoca, spiega Daniel, “in cui eravamo un paese occupato e la musica ucraina non aveva pieno accesso a ciò che accadeva in Occidente. Eppure i giovani cercavano di cogliere almeno un barlume delle informazioni che riuscivano a raggiungerli dall'estero. Questo stile fondeva le tradizioni ritmiche pop occidentali con il senso dell'armonia musicale ucraino”. Per la composizione del brano, Valentyne ha attinto “persino a fonti classiche”.
La guerra ha modificato il modo di fare musica della band, trasformando il palco in un luogo di elaborazione collettiva. “Le canzoni non ricostruiranno gli edifici ma possono ricostruire lo spirito, la mente, la psicologia delle persone. Il ritorno di festival e grandi eventi in Ucraina sarà fondamentale per aiutare tutti a riflettere ed elaborare ciò che è accaduto”. Il conflitto russo-ucraino ha accelerato anche un cambio di immaginario artistico. “Paesi come Ucraina, Lituania, Lettonia stanno mostrando un loro microclima musicale – spiega Daniel – che racconta un tempo non vissuto fino in fondo”, quello del rock e del prog. Ma se questo dovesse aprisse a un nuovo Rinascimento culturale europeo, dice, ne sarebbe felice.
Nel loro racconto torna spesso l'idea che oggi il valore di un gruppo all'Eurovision “non sta nella potenza, ma nell'incontro. Una band è visione condivisa, caos fertile, imprevedibilità creativa. E quando ci chiedono se abbia senso partecipare, rispondiamo di sì, una band può reggere la scena quanto un solista”.
Sabato 13 dicembre gli Ziferblat arriveranno in Italia, alla E-Work Arena di Busto Arsizio, per l'Eurofesta. Con la conduzione di Senhit, lo show vedrà esibirsi alcune star dell'Eurovision: dall'austriaco JJ, ai norvegesi Kiino e Kyle Alessandro, fino alla danese Emmelie de Forest, vincitrice nel 2013. “L'Italia – riflette Daniel – ha saputo trasformare ogni epoca musicale in un proprio capolavoro. Oggi, più che mai, avere amici qui significa sentirsi a casa anche lontano”. Proprio il concetto di casa, per il trio, rappresenta ciò che fa diventare “ogni paura insignificante”. È il filo che li riporta sempre indietro, anche quando la guerra li spinge altrove. La musica, dicono, serve proprio a questo, “non a cancellare la paura, ma a darle una direzione”.