Ansa
Niuiorcherubini
Jovanotti, album a sorpresa: un flusso di ritmi e atmosfere sorridenti
Il nuovo disco è una deviazione e un esperimento, contraddistinto dal desiderio di fare, in musica ovviamente, esattamente quello che gli piace, senza troppi calcoli e posizionamenti. Ma lui si diverte come sempre
Sorprendente e interessante la scelta che ha portato Lorenzo Jovanotti a pubblicare, a soli 10 mesi di distanza dal suo ultimo album di studio, “Il corpo umano vol. 1”, questo “Niuiorcherubini”, un lavoro nato di slancio dalla voglia di fare musica nel corso di un soggiorno nella Grande Mela, assemblato da sessions con una folla di artisti internazionali, scelti tra i protagonisti della scena latin e anche di quella world music. Verificate queste premesse, c’era dunque da essere incuriositi dal progetto, perché alcune delle sue cose migliori Lorenzo le ha realizzate proprio cavalcando quello slancio dinamico che sovente s’impossessa di lui, risvegliandolo da vari letarghi esistenziali e spingendolo a compiere qualche impresa, intrisa di creatività e al tempo stesso di umanità. C’è una nota a margine, certo: a un passo dall’età veramente adulta e all’indomani di vicende personali anche complicate, Jovanotti ultimamente ha messo alla prova la sua tempra. E’ tornato dal brutto incidente, è risalito con successo sul palco, ha messo molta saggezza e uno spirito positivo, calmo ed ecumenico nel suo modo di comunicare e di partecipare alle cose che cambiano, con meno ansia di prima, forse anche con un po’ meno aspettative, comunque con la consapevolezza d’essere entrato nella fase classica della sua carriera artistica, quella nella quale c’è pochissimo da dimostrare, diverse cose da celebrare o magari soltanto da ripercorrere, ma nella quale soprattutto c’è la straordinaria opportunità di poter fare, esplorare, proporre un po’ quello che gli pare, senza timori di sorta e con la certezza d’avere un’audience fedele, pronta ad ascoltare e condividere quello che fa, di qualsiasi cosa si tratti.
Ad esempio, presentare, in abbinamento con l’annuncio di uno strano tour-safari in angoli insoliti del mondo (con un gran finale settembrino al Circo Massimo di Roma), questo album che è al tempo stesso una deviazione, una proposta e un esperimento, contraddistinto dal desiderio di fare, in musica ovviamente, esattamente quello che gli piace, senza troppi calcoli e posizionamenti. La musica dell’anima, no? “Soul music”, come canta Lorenzo in un pezzo dell’album, aggiungendo nel versetto successivo “non vedo l’ora”: ecco, e praticamente è detto tutto di “Niuiorcherubini”. Uno studio di registrazione competente, una settimana di lavoro, un fedele produttore e un bravo direttore del casting che ha radunato all’ora giusta un magnifico campionario di musicisti, tutti padroni primari dei linguaggi musicali auspicati, dal funk, alla salsa dura, alla cumbia, generi che Jovanotti coltiva da tempo e nei quali qui ha voluto inoltrarsi senza mediazioni. L’elenco è infinito: dalla Spanish Harlem Orchestra, orchestra di musica da ballo latina premiatissima ai Grammy Awards, al punjabi groove dei Red Baraat, band di Sunny Jain, gran suonatore di dhol, al vocalist J.P. Bimeni, cantante e di origini burundesi, già con Jova nel primo Beach Party, a Binky Griptite, chitarrista con Sharon Jones & the Dap-Kings e tanti, tanti altri.
Le regole del gioco sono chiare e coerenti: registrazioni praticamente live in studio, suonando tutti insieme, con poche prove, tanta energia e molto (again) slancio, comprese le sbavature e le sospensioni che in fondo fanno tanto chic & reality, perché quel che conta è che attorno a Jova suona della gente che sa bene cosa metterci, e come farlo con misura. L’effetto è un’ora di musica diversa, da un artista che avrebbe potuto darci delle passabili ripetizioni e invece ha confermato la propria unicità, andando da un’altra parte, con la sua consueta estroversione, che consente a tutti di seguirlo facilmente.
Il disco ha un profluvio di ritmi, atmosfere sempre sorridenti, perfino ottimistiche, come se Lorenzo avesse cercato in una sala di registrazione gli antidoti agli spaventi provocati dalle cronache planetarie. Lui canta sciolto e bene, anche se, come ormai di norma, ci mette dentro di tutto, dice milioni di parole, è posseduto da una specie d’eccesso di temi e significati – alla fine è impossibile non ascoltarlo, senza fare attenzione e senza una buona disposizione, il che di questi tempi non è poco. Ma soprattutto il suo piccolo miracolo Lorenzo l’ha fatto suonando “nuovo”, rinnovato e perciò inatteso. Pure se la barba gli si allunga e si schiarisce, lui resta un caso a parte della nostra musica, una specie di consumato santone, maestro dell’estemporaneità, che conosce segreti e inventa formule inopinate. Maestro Jovanotti, capace di far ricredere e, in certi casi, perfino di credere. Sennò che santone sarebbe?