
Alvaro Soler: “TikTok ha cambiato le regole della musica”
Dopo quattro anni di silenzio il cantautore spagnolo torna con il nuovo album "El Camino" e celebra i suoi primi 10 anni di carriera. “Prima se non eri in radio non esistevi, oggi non importa più, perché sui social puoi trasformare una canzone in un tormentone”
“Il mondo musicale è molto cambiato negli ultimi anni. TikTok ha riscritto le regole: ha molto potere sulle canzoni. Prima se non eri in radio non esistevi, oggi non importa più, perché sui social puoi comunque trasformare una canzone in un tormentone”. Così Álvaro Soler racconta al Foglio la trasformazione della musica negli ultimi tempi. In un mondo in cui i confini tra cultura e comunicazione sono sempre più sottili, la musica non è più solo uno strumento di espressione: è il mezzo attraverso il quale costruiamo legami, superiamo le distanze e affrontiamo le sfide della nostra epoca. Il cantante spagnolo, che venerdì 10 ottobre pubblicherà il suo nuovo album El Camino, ha saputo navigare questi cambiamenti con la curiosità tipica di chi considera la musica una lingua in continua evoluzione. Soler, nato a Barcellona nel 1991, è diventato uno dei volti più riconoscibili del pop latino europeo. Il suo singolo El Mismo Sol lo ha lanciato nel 2015, seguito da hit come Sofia e Libre, e album di successo come Eterno Agosto e Magia.
Crede sia un cambiamento positivo o negativo?
Da una parte è fantastico vedere diversi mezzi venire in aiuto degli artisti, offrendo l’opportunità di far crescere la propria musica. Dall’altro lato, però, ai concerti capita che le persone conoscano solo 30 secondi della tua canzone, perché hanno sentito solo il trend su TikTok. Ma va bene lo stesso. Il mondo musicale oggi è diventato strano e imprevedibile. Ma anche molto bello.
E lei, come vive il rapporto con i social?
Come artista devi essere sempre molto presente sui social, su Instagram o TikTok. Lì puoi creare legami molto stretti con le persone, conoscere le loro storie. È una cosa bellissima, ma a volte ti ritrovi immerso nell’algoritmo e non riesci più a smettere di scrollare.
Per questo nel video di “Apágame” ha deciso di tornare al telefono fisso?
Sì. E anche perché, in parte, oggi mi sono disintossicato: ho iniziato a lasciare il cellulare in un’altra stanza mentre dormo. E mi sono comprato un orologio analogico da tenere accanto al letto.
Quando ha iniziato a pensare a El Camino, il suo nuovo album?
Ho sempre continuato a scrivere musica in questi anni. Mi piace farlo senza avere un progetto preciso, solo per il gusto di scrivere. Mi aiuta a tenere allenata la creatività. Subito dopo l’uscita di Magia, nel 2021, ho iniziato a sperimentare un po’, per capire quale potesse essere la direzione del prossimo album. Ed eccoci qui.
E c’è anche sua figlia.
Nell’outro del disco c’è il battito del suo cuore. Sapevo già, prima della sua nascita, di volerlo inserire in qualche modo. E alla fine l’ho fatto così. Per me è stata una cosa meravigliosa.
Ma ci sono anche momenti più bui.
Tutti pensano che io sia sempre una persona positiva, perché mi vedono ridere. Ma ci sono stati anche momenti difficili, che mi hanno messo alla prova. È successo, per esempio, con Artificial. Mi trovavo in una fase di stallo, non avevo ancora trovato una direzione. Sono nate un sacco di paure “artificiali”, create nella mia testa, che in realtà non si sono mai concretizzate.
Quali sono state le sue ispirazioni per El Camino?
Nei brani ci sono molte influenze pop e tanta ispirazione da John Mayer. Questo si sente, ad esempio, in Jardín de los recuerdos. L’unica canzone più “spagnola” è Lo que pasó pasó: l’ho scritta a Madrid e la canto con Marta Santos, un’artista di Siviglia. Volevo realizzare un album che non fosse solo latin.
Eppure la musica latina è amata ovunque. Qual è il suo segreto, secondo lei?
Quando ho iniziato, dieci anni fa, con il singolo El Mismo Sol, la musica latina non era ancora così sdoganata come oggi. Oggi in Spagna ci sono tanti artisti italiani che cantano in spagnolo. Devo dire che la musica latina ha un’allegria speciale. È bellissimo vedere ovunque persone che vogliono ballare e celebrare la vita.
Come in Kenya, dove è stato per una missione umanitaria.
Sono andato nel paese africano per dare il mio contributo e lì ho conosciuto il Namayana’s Women Choir. Mi hanno invitato a cantare con loro: è stato un momento molto divertente. Quando sono tornato, mi sono accorto di avere delle loro registrazioni, e le ho usate in Cero. C’era una magia davvero speciale in quella melodia.
La foto sulla copertina di El Camino, invece, dove è stata scattata?
Per lo scatto sono andato a Gran Canaria: cercavamo un posto caldo anche in inverno. Volevo un paesaggio arido, quasi privo di vita. E ci sono io, seduto sulla mia valigia, pronto a proseguire lungo il mio cammino più difficile: la vita.