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l'opera

I concerti e i grandi solisti al Festival estivo di Salisburgo

Franco Debenedetti

Dal mattino all’eternità: un ricchissimo programma che prevede 12 spettacoli. Arnold Schönberg, Anton Webern e Gustav Mahler tutti d’un fiato

Per gli appassionati di musica classica, il Festival estivo di Salisburgo è un appuntamento obbligato. Si incomincia a pensarci a Natale, quando arrivano i programmi: c’è da scegliere gli spettacoli da non perdere, combinare le permanenze, inserirle nelle vacanze estive. In fretta, per fruire delle preferenze che hanno le richieste fatte entro metà gennaio. Quest’anno avevo combinato un programma ricchissimo (12 spettacoli) . Tra questi c’era anche  “Un mattino diventa un’eternità”: avevo visto che comprendeva, come primo pezzo, Erwartung, che inseguivo da tempo. Il libretto di sala aggiungeva che oltre all’opera di Arnold Schönberg ci sarebbero stati i Cinque pezzi per orchestra op. 10 di Anton Webern e il finale dell’amatissimo Lied von der Erde di Gustav Mahler, per l’occasione denominato “l’Addio”.

La composizione del programma contribuisce in modo importante al successo del concerto. Sia se si scelgono pezzi dello stesso autore, sia ancor più quando sono previsti brani di autori diversi. Quest’anno il primo concerto solistico vedeva il pianista András Schiff eseguire L’arte della fuga di Bach. Perfetta la geometrica precisione con cui eseguì le combinazioni contrappuntistiche di canoni e fughe che “padre Bach” ricava dal tema. Raffinata l’eleganza di Schiff di congedarsi dal pubblico compensandolo con la deliziosa leggerezza della Fantasia cromatica e fuga.

A volte il susseguirsi dei brani può dar luogo a rimandi raffinati: nel suo concerto la pianista Julianna Avdeeva usa il 24 , numero sacro della letteratura pianistica, per accoppiare una decina dei Preludi e fughe op 87 di Schostakovich e i Preludi op 28 di Chopin. Comprensibile anche la scelta di Arcadij Volodos di interporre, tra i Momenti musicali e la Sonata in la maggiore di Franz Schubert, due trascrizioni di Franz Liszt di suoi Lieder. C’è anche chi ha fatto scelte inspiegabili: quale segreto pensiero ha indotto Daniil Trifonov a far seguire, a valzer di Chopin divinamene eseguiti, la Sonata op 26 di Samuel Barber? Già vien da chiedersi come l’autore del dolcissimo adagio per archi che tutti abbiamo nella mente e nel cuore, abbia potuto scrivere un pezzo così noioso, e l’esecutore a chiudere con quella sonata  un concerto altrimenti  meraviglioso. Segue invece le sue abitudini il mitico Grigory Sokolov quando propone che pezzi vari di William Byrd precedano una memorabile esecuzione delle Ballate e Rapsodie di Johannes Brahms. Per non parlare degli “encore” in cui il solista, nascosto dietro il segreto (non sempre di Pulcinella) dell’autore del pezzo, consente ai più competenti di scoprire un altro aspetto delle sue più segrete preferenze. 

C’era coerenza nel programma di “Un mattino diventa un’eternità” e non solo per il tema del divenire del tempo da cui prende il titolo. Webern fu, insieme ad Alban Berg, uno degli allievi prediletti di Arnold Schönberg e quindi insieme a lui uno dei protagonisti della dodecafonia: c’è logica nel far seguire Erwartung del maestro con brani orchestrali dell’allievo. Di altra natura fu invece il rapporto dei protagonisti della nuova scuola viennese con Gustav Mahler, autore del terzo pezzo previsto: un rapporto basato sull’amicizia personale e sulla collaborazione nella vita musicale austriaca. Ed è tratta dal suo Lied von der Erde la parola (“ewig”) che dà il senso al titolo. Meravigliose le voci (Ausrine Stundyte e Fleur Barron), impeccabile la direzione di Esa-Pekka Salonen, tutto perfetto. Tranne una cosa: neppure un secondo separa un pezzo dall’altro, neppure un secondo è concesso all’ascoltatore per ricordare quello che ha sentito e per cogliere il distacco da quello che seguirà. Credendo che ciò fosse dovuto a una mia disattenzione, comperai il biglietto per andarlo a sentire una seconda volta. Lo stesso entusiasmo per la musica, le voci, la regia, la direzione: ma ancora nessuna pur minima discontinuità tra i brani dei vari autori. Né la ragione può essere quella di scongiurare l’opposto, cioè che applausi interrompano il divenire del tempo, dal mattino all’eternità: se si riesce a far tacere per due ore 2000 telefonini, sarà pur possibile bloccare per due minuti 4000 mani. Se invece fosse un espediente per far sì che altri. come me, siano indotti ad andarla a sentire una seconda volta, sarebbe davvero un po’ meschino. Comunque, da parte mia, grazie!