da solista a collettivo

THRUPPI, caos condiviso, ascolto reciproco e il coraggio di mostrarsi vulnerabili

Un disco nato per caso, tra poesia e improvvisazione. Truppi e Thru Collected insieme in un progetto corale che parla di vita, morte e zanzare romantiche. Tutti di spalle in copertina, perché qui la sostanza conta più dell'immagine

Enrico Cicchetti

Come Medardo, il visconte di Calvino spaccato in due da una cannonata, anche in THRUPPI ci sono due metà che alla fine si uniscono, ma è difficile capire quale era quella “buona” e quale quella “grama”. Sta di fatto che si completano a meraviglia, Giovanni Truppi e Thru Collected. Lui è quello che porta pianoforti (segati e ricuciti: à la Medardo, appunto) fin sul palco dell'Ariston. Quello che, apparentemente senza sforzo, sintonizza la musica sulle frequenze del cuore. Loro, Thru Collected, sono la costola nevrotica e geniale della Napoli post-tutto: manipolano synth e parole come argilla. Dalla collisione di questi pianeti sonori nasce una specie di musical esistenziale che parla di morte, di amore, di padri ingombranti e zanzare romantiche. In un girotondo di impressioni, Giovanni Truppi e Riccardo aka Sano, Lucky lapolo e Ben Romano ci dicono che in THRUPPI, uscito il 13 giugno per Island Records, ci sono “tristezza e cose di pancia”, “fantasia”, “spontaneità” e molte “sfumature”. C'è un animo punk, c’è il rap, c’è il cantautorato crudo e quello lirico, e nessuno cerca di vincere nessuna gara. C’è Napoli, ovviamente, non tanto come sfondo quanto come peso specifico: città-madre e città-mostro, che ti tradisce con affetto. “Napoli è un tema che non abbiamo affrontato direttamente e che ci mette un po' in crisi. Molti di noi sono dello stesso quartiere, Arenella. C'è un tessuto connettivo sul quale ci siamo riusciti a muovere con agio anche senza doverci dire una serie di cose, sulle quali ci capivamo d'istinto”, riconosce Giovanni, che la città l'ha lasciata all’età che alcuni di loro hanno oggi. “Abbiamo lavorato nel Buco Studio al Vomero. Ma la maggior parte del lavoro lo abbiamo fatto a Roma: improvvisando, condividendo un'idea partorita da qualcuno e cresciuta da tutti”.

L'incontro del collettivo con Truppi nasce quasi per caso: a lui li suggerisce un amico, ne rimane affascinato e li invita nel podcast che accompagnava il suo ultimo album. E scopre che i ragazzi sono cresciuti anche con le sue canzoni. Poi si sperimenta insieme ed ecco il disco, “nato senza strategia ma con naturalezza”, come succedono certe amicizie. “È successa quella cosa rara che le canzoni convincevano tutti”, assicurano. Ognuno porta qualcosa e nessuno occupa tutto lo spazio. Truppi non rinuncia al suo tono inconfondibile ma lo mette al servizio di un’energia nuova. Ascolta, accoglie e viene accolto da quei ragazzi che potrebbero essere suoi fratelli minori, fatti grandi con l’elettronica e la fragilità a portata di clic. “Mi è capitato di dire 'questa cosa da solo non l'avrei mai scritta': non ero abituato a lavorare collettivamente”, dice Giovanni. E questa inconsueta coralità non è un vezzo, ma una scelta. “Per Thru Collected è l'approccio base, è sempre stato così. L'ultimo pezzo della mia canzone l'ho scritto parola per parola insieme a Giovanni”, racconta Lucky. “È cambiato anche il mio rapporto col tempo”, aggiunge Truppi. “Di solito lascio decantare o aspetto il momento giusto per scrivere. Qui invece bisognava approfittare di quando eravamo insieme. La prima volta c'era una marea di gente, un posto fumoso e caotico. Ho provato a scrivere qualcosa di cotto e mangiato, non sapendo se fosse una buona idea o una sciocchezza”. Bisogna essere pronti anche a mostrarsi vulnerabili davanti a tutti. “È un'attitudine sociale. Se non ce l'hai non fai un progetto del genere”, raccontano Sano e Lucky. Momenti scomodi? “All'inizio, quando ci stavamo conoscendo, per quella dinamica in cui pensi 'Ho un'idea: che faccio, la sparo? Magari fa cacare ma loro saranno in imbarazzo a dirmelo'”. Condivisione e confronto, anche generazionale: il progetto riesce a stare in piedi tra due epoche senza inciampare. Ed è curioso scoprire che ha anche insegnato ai suoi autori qualcosa sul modo in cui ascoltare musica, non solo sul farla. “Siamo più noi che abbiamo fatto scoprire cose nuove a Giovanni, come Senzalegge o certa trap”, sorride Ben sotto il cappellino. “Io ho fatto un po' da ponte: sarà che ho trent'anni e quindi sto a cavallo tra i suoi quaranta passati e i venti di alcuni membri di Thru Collected”. THRUPPI non cerca la poesia e a tratti la trova. È un gesto di artigianato, un laboratorio di sincerità. E forse è per questo che in copertina sono tutti di spalle: per ricordarci che la bellezza non fa selfie.

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  • Enrico Cicchetti
  • Nato nelle terre di Virgilio in un afoso settembre del 1987, cerca refrigerio in quelle di Enea. Al Foglio dal 2016. Su Twitter è @e_cicchetti