Eugenio Finardi l'occidentale: “Abbandonato dagli extraterrestri, sono stato sedotto dall'AI”

Il cantautore milanese racconta i suoi 50 anni di musica e l'ultimo album “Tutto”. “A 72 anni sono ancora un outsider nella musica e non mi vergogno di mettere i cuoricini su TikTok. Battiato? Le mie radici blues si scontravano con il suo Oriente esoterico. Al mondo di oggi manca un'idea liberale”

Raffaele Rossi

“L'intelligenza artificiale non ci sta conquistando con la forza ma con la seduzione. Proprio come hanno fatto gli Stati Uniti dopo la Seconda guerra mondiale grazie ai film, al rock, a Fred Astaire e Buddy Holly”. Tra un caffè e una pizza in un bar in zona Casal Bertone a Roma, Eugenio Finardi racconta in una lunga chiacchierata al Foglio i suoi cinquant'anni di musica e il suo ultimo album Tutto, uscito lo scorso 9 maggio, a undici anni di distanza dal precedente Fibrillante. In questo ventesimo lavoro l'artista chiude un cerchio iniziato negli anni Settanta con Extraterrestre. “Ormai s'è capito che non esistono gli extraterresti / Che ci vengono a salvare / Ormai la mia unica speranza è nell'intelligenza artificiale”, canta nella traccia d'apertura Futuro. Durante la scrittura delle 11 canzoni, dice, “ho capito come ragiona l'AI e ho disegnato i suoni”.

  

Testimoni di questa sua ulteriore evoluzione musicale sono la figlia Francesca in arte Pixel, che canta con lui nel brano Francesca Sogna, e lo storico collaboratore Giovanni “Giuvazza” Maggiore. A stimolare il “disegno dei suoni” dell'artista ci pensano ancora una volta le atmosfere del suo amico Franco Battiato, “quelle dell'Era del Cinghiale Bianco e di Patriots”, a cavallo tra anni '70 e '80, quando registravano nello stesso studio. “Da una parte il mio Occidente della scienza, sono per metà americano perché mia madre era una cantante lirica trasferitasi a Milano, dall'altra l'Oriente degli esoterismi che affascinavano Franco. Non solo, ma le mie radici blues spesso si scontravano con la musica classica europea a cui lui si ispirava”. Eppure Finardi e Battiato avevano “radici comuni, cercavamo sempre la composizione non solo nell'ispirazione ma partendo da un assunto teorico, tipo un arpeggio in sette”.

   

 

Solo dopo aver visto il documentario Get Back dei Beatles (del 2021) matura però l'intenzione di chiudersi in studio e creare un “distillato di idee come particelle in un ciclotrone”. Alcune di queste hanno viaggiato poco ma altre “hanno causato una reazione a catena. Tutto è un album che ha senso nella sua sfericità sonora”. L'artista milanese brucia di “energia creativa per un lavoro nato in pochi mesi” e che, a quanto pare, "sarà davvero l'ultimo” della sua carriera. “Ho 72 anni, è già un miracolo che sia uscito questo disco”, dice.

   

Non c'è spazio per brani ideologici del passato come Sugo, Diesel o Musica ribelle, in Tutto musica e parole “nascono da un unico flusso di coscienza”. Lo stesso che porta Finardi lontano da Facebook “per colpa degli hater”. E mentre dice di non avere idea di come si usi Instagram, apprezza TikTok. “Il mio feed è pieno di cagnolini, tute alari e mountain bike. Ed è proprio su questi che io metto i cuoricini”. Gli stessi cuoricini che hanno spopolato all'ultimo Sanremo grazie ai Coma_Cose riportano alla mente del cantautore le emozioni dei tre Festival a cui ha partecipato. La prima volta nel 1985 con Vorrei svegliarti, l'ultima nel 2012 con E tu lo chiami Dio. In mezzo, nel 1999, ha trascinato il mondo dei videogiochi sul palco dell'Ariston con Amami Lara. “Ero stato accettato con un'altra canzone ma vedendo mio figlio giocare alla Playstation, di cui sono anch'io un grande fan, mi è venuta l'ispirazione. C'era questa ragazza, cercava le chiavi per uscire dai labirinti”. L'allegoria perfetta per un abito di liriche cucito addosso alla protagonista di Tomb Raider poiché “viviamo tutti in un labirinto da cui dobbiamo uscire trovando la chiave giusta”. Un dedalo sociale e politico a cui però oggi, secondo il cantautore, “manca la melodia centrale e un'idea liberale”. "L'ultra sinistra mi dava del riformista borghese perché votavo Pci. Ma per me, mezzo yankee, essere iscritto al partito comunista era già una cosa incredibile. Mio padre era un liberale. Oggi nella politica ci sono solo gli estremi e mancano gli accordi. Anche per questo metà degli italiani non va a votare". Finardi si considera ancora “un'outsider della musica. Ho dentro di me molto relativismo verbale perché sono nato con due lingue, due religioni, due etiche”. Ora, per “l'extraterrestre della musica”, è il momento di lasciarsi alle spalle la nostalgia e tornare sui palchi di tutta Italia da giugno con il tour Tutto '75-'25. “Dopo aver partorito il mio disco, ora ho voglia di giocare con i suoi suoni”, ammette divertito.

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