
Studio Murena (foto di Irene Trancossi)
Sul “Notturno” degli Studio Murena, tra jazz, rap ed elettronica. Ma senza etichette
L'esplorazione della notte, soprattutto quella interiore. L'improvvisazione, lo "scontro creativo" e la guerra ai clichè. Chiacchierata con tre membri della band che ha aperto nomi grossi come Red Hot Chilly Peppers e Loyle Carner
L’ultimo disco degli Studio Murena ha un passo strascicato. Notturno scivola, inciampa e si rialza con un sorriso scheggiato. Le luci sono tagli di synth, le strade battiti spezzati, le rime mordono e leniscono. Jazz, rap ed elettronica si muovono in un corpo solo, inquieto e mutante. L’asfalto bagnato inghiotte passi nervosi e un neon pulsa a ritmo irregolare sopra teste distratte: gli Studio Murena non raccontano la notte: ci si immergono fino al collo, tra angosce, amori a orologeria e risvegli in hangover. L’album strizza l’occhio a Kendrick Lamar e ai Primus senza mai inginocchiarsi a nessuno ed è il secondo del gruppo prodotto da Tommaso Colliva dei Calibro 35, mentre ospiti come Willie Peyote, Fabrizio Bosso e Mezzosangue diventano ombre che lo attraversano senza mai svelarsi del tutto. Notturno non offre uscite di sicurezza, ma ci accompagna a occhi spalancati fino all’alba, dove ogni crepa sembra — almeno per un momento — bellezza.
“Un disco intimo e identitario”, lo definiscono Lorenzo “Carma” Carminati (testi e voce), Amedeo Nan (chitarre) e Maurizio Gazzola (basso). “Ci siamo presi lo spazio che ci serviva per raccontarci”. Se si chiede loro di immaginare un concerto segreto in un luogo improbabile, tirano fuori le catacombe di Parigi o un planetario. Magari! Anche perché Notturno è cinematografico, visivo e teatrale. Se fosse un film non hanno dubbi sulla regia: “David Lynch, per la cupezza lisergica ma con sprazzi di ironia. Che poi è il modo migliore per raccontare le emozioni: non banalizzarle, riducendole ai due poli di felicità e dramma”. Ma Notturno ha a che fare anche con un “effetto notte”, dice Maurizio. Come nel film di Truffaut e come nella tecnica di ripresa da cui mutua il titolo, anche qui “c’è una forzatura, una macchinazione del racconto che serve a portare la notte dove non c’è. Una notte di introspezione, benché molti brani siano aperti e distesi”. E’ il crepuscolo obliquo degli Studio Murena. “Mettersi a nudo per molti versi è stato un gioco, come nel caso di Tre Porte di Paura, un dialogo tra la psicologa interpretata da Valeria Perdonò e il suo paziente, che le racconta le proprie paure e sensi di colpa attraverso tre incubi ricorrenti. Sono sogni che ho fatto davvero”, prosegue il cantante. “Mi sono ritrovato a scrivere spinto da un’esigenza, da un’ansia personale, che però si è riflessa subito nelle teste di tutto il gruppo, che ha reagito come un blocco compatto. E quando succede così suonare ha un sapore fantastico”. “Tutti i brani nascono da jam session”, intervengono gli altri “Siamo riusciti tutti a ritagliarci il nostro spazio, a metterci un fetta della nostra vita. Sei teste ognuna col suo backrground, con i suoi gusti, ma con l’idea di trovare l’equilibrio”. Un equilibrio delicato tra la dimensione collettiva e le singole personalità artistiche - la band è formata da sei elementi – con ovvi momenti di scontro creativo. “Sarebbe strana una convivenza pacifica, costante e immacolata. Il conflitto è naturale e prolifico”, sostengono.
Gli Studio Murena nascono a Milano nel 2018, e poi di strada ne macinano, fino ad aprire i concerti di pezzi grossi internazionali come Loyle Carner (“Un essere umano incredibile, uno dei pilastri di un genere che abbracciamo”) o i Red Hot Chilli Peppers. “Condividere il palco con loro è sempre portarsi a casa qualcosa. Vuoi per il modo in cui suonano vuoi per come gestiscono il palco. Ma è anche bello vederne l’umiltà e la passione”. Anche se il centro perfetto del loro universo è la cantina dove si chiudono a comporre, dicono, il palco è ormai casa. Anche se a volte, come racconta un brano del disco, ci si può sentire un po’ Fuori luogo. “Come in quell’albergo a Saint Moritz, sul set di un corto di Guadagnino per Zara: eravamo tutti e sei travestiti da Babbo Natale a suonare Jingle Bells. Allucinante e stupendo”, chiosa Maurizio. Risate di assenso dagli altri due. Anche se, ricorda Amedeo, “ci sarebbe anche quella volta in un teatro, tantissimi anni fa, davanti alle prime cinque file di abbonati ottantenni...”. Occhio, però: non c’è un età massima, né un pubblico di riferimento per gli Studio Murena. “L’unica costante è una certa educazione all’ascolto, una grande curiosità. Rifuggiamo le etichette: ci muoviamo nelle sfumature dei generi che tocchiamo, cercando di farle risaltare. E’ guerra ai clichè, agli standard. Che è anche una bella provocazione rispetto al mondo del jazz classico. Ma noi da lì salviamo il gusto per l’improvvisazione, l’attitudine del genere a prendere spunto da altri mondi musicali e portarli dentro di sè”.
Notturno è un disco di ombre, ma ha il coraggio di guardarle in faccia, senza didascalie e senza morale. E gli Studio Murena si confermano una delle band più sorprendenti e coraggiose della nuova scena italiana, capaci di stare con un piede nei club e l’altro nella poesia, sfidando generi e aspettative con una coerenza rara. Non vogliono salvarsi né salvarvi: vogliono perdersi nella notte e, se siete pronti, portarvi con loro.