#BachUpsideDown. Cosa succede quando metti un genio del pianoforte in lockdown
Dan Tepfer ha "capovolto" le "variazioni Goldberg". Il risultato è che “ci si trova di fronte a un brano nuovo che però ha un non so che di familiare”
Dan Tepfer è un pianista e compositore franco-algerino. Il suo mondo musicale spazia dal jazz alla classica con incursioni nel pop e nella sperimentazione. Alla passione per le sette note l’artista unisce quella per le scienze laureandosi in astrofisica all’Università di Edimburgo. Pochi cenni che delineano il personaggio: geniale, poliedrico e capace di straordinarie intuizioni. Ultima in ordine di tempo quella sulle “Variazioni Goldberg” di Johann Sebastian Bach, tra le partiture più studiate ed eseguite del repertorio per tastiera. Un brano che più si studia e più se ne approfondisce il mistero.
Dire “Goldberg” significa riferirsi a Glenn Gould, che ne è divenuto “testimonial” e tra i più noti (e criticati) interpreti. Le sue due registrazioni sono pianeti lontani, fascinosi e in dialogo. La prima è del 1955 quando la Cbs decise di puntare sul giovane pianista. Quel primo documento ci rivela un Gould estroverso, veemente e a tratti luciferino. La sua esecuzione ha scelte metronomiche al limite dell’eseguibile, volutamente estreme. E poi il canto delle voci e della sua voce, l’uso personalissimo del pedale, qualche nota cambiata e qualche abbellimento di troppo.
Un’esecuzione criticata da quelli che guardavano alle “Goldberg” Wanda Landowska (registrazioni del 1933 e del 1946). Un monumento rigoroso e intoccabile quello della clavicembalista polacca che il pianista canadese sfida ponendosi in antitesi. Nel 1981 poi ne registrerà un’altra versione integrale, lentissima, ma lì siamo da un’altra parte, un’altra estremità, in quel misterioso spazio dove il genio pre-sente il destino e inizia a dialogarci. Gould morirà l’anno seguente. E’ un capitolo della storia della musica immenso che però ci permette di comprendere quanto lo spartito che Bach scrisse per il suo alunno Goldberg sia una miniera inesauribile dalla quale Dan Tepfer porta in luce un nuovo tesoro.
A marzo anche a Brooklyn è iniziata la quarantena. Il Covid-19 non ha risparmiato nessuno, nemmeno i musicisti che hanno cancellato tutte le loro attività. Per Dan, bloccato nel suo appartamento, l’occasione è stata propizia per rispolverare un’antica intuizione mai approfondita: capovolgere le Variazioni Goldberg. Il progetto, accompagnato dall’hashtag #BachUpsideDown consiste nel realizzare una pratica antica nell’ambito del contrappunto: l’inversione. Cercando di semplificare, per contrappunto intendiamo quella musica scritta su più linee o voci che si sovrappongono e si intrecciano. A volte Bach, così come altri maestri di quest’arte, invertivano le linee musicali. Ad esempio: una melodia ascendente in una determinata voce viene capovolta in modo tale che si trasformi in una melodia discendente in un’altra, una sorta di riflesso simile a uno specchio. Sul suo sito web, Tepfer descrive l’operazione come “guardare Bach da un prisma”.
Quello che meraviglia è che “ci si trova di fronte a un brano nuovo – continua Tepfer - che però ha un non so che di familiare”. Per fare tutto questo l’artista si è servito di un pianoforte gran coda “Yamaha Disklavier” uno strumento capace di registrare l’esecuzione e riprodurla non come traccia audio ma risuonata dal movimento meccanico dei tasti che hanno memorizzato quanto fatto dall’esecutore. Tepfer ha ideato un software che collegato a questo tipo di pianoforte fa suonare ogni singola variazione “ribaltata”. Il video chiarisce meglio di tante parole la genialità dell’operazione.
Già nel 2011 Tepfer aveva approcciato le Goldberg cercando di variare le variazioni. Nei suoi concerti live alternava alcuni numeri originali delle Goldberg a improvvisazioni sulle stesse. Non si trattava solo di una pratica jazzistica ma di esplorare le possibilità musicali di una composizione di questo tipo che offriva spunti musicali inaspettati. #BachUpsideDown rappresenta l’evoluzione di questa intuizione che mostra come la musica di Bach sia terreno fertile i cui frutti sono tutti da scoprire e accogliere.
Intervista a Gabriele Lavia