Foto ANSA

La decisione

Chiuri lascia Dior per il suo teatro

Fabiana Giacomotti

Come annunciato da sei mesi, a poche ore dall'ultima sfilata la designer sceglie un'altra strada. E non è la sola. Vedere alle voci Dries Vamn Noten- Venezia

E così, nei modi e nei tempi previsti dal Foglio alla fine dello scorso gennaio, cioè ventiquattr’ore dopo la presentazione collezione Cruise 2026 presso la Villa Albani Torlonia che l’ha idealmente, ma anche fisicamente, riportata a Roma, Maria Grazia Chiuri lascia dopo nove anni la direzione creativa di Dior. Lo fa da vincitrice, di sua volontà, dopo aver quadruplicato le vendite del marchio (“in un contesto più difficile, è la maison che si è comportata meglio”, diceva lo scorso febbraio Bernard Arnault alla presentazione del bilancio 2024).

 

                     

 

Lascia nel momento migliore, cioè quando la moda di lusso ha ancora allure, nonostante abbia imboccato da almeno due anni una china dalla quale potrà risollevarsi solo rivedendo integralmente il proprio modello rivedendo il perimetro di crescita e rallentando i rapporti con la finanza, altra cosa che andiamo scrivendo da anni.

Jonathan Anderson lavora gia' da mesi negli uffici parigini di Dior: poche settimane fa era stata annunciata la sua nomina alla direzione creativa della linea maschile. Fra poco verrà annunciata anche la nomina alla responsabilità della linea femminile. Che la designer italiana abbia dato molto al gruppo si legge in ogni passaggio del comunicato: “La maison Dior desidera esprimere oggi la sua più profonda gratitudine a Maria Grazia Chiuri al termine di una meravigliosa collaborazione che, in qualità di direttore creativo delle collezioni donna, dura dal 2016”. Delphine Arnault, presidente e ceo di Christian Dior couture, ha aggiunto parole di apprezzamento per la sua “prospettiva femminista” (Chiuri è stata anche la prima donna a ricoprire questa posizione nel gruppo), e la sua “creatività eccezionale, infusa dello spirito di monsieur Dior, che le hanno permesso di creare collezioni altamente desiderabili”, sottolineando come la sua opera abbia “scritto un nuovo capitolo nella storia della maison”. Il percorso di Chiuri da Dior è un motivo di orgoglio per tutti, come stanno sottolineando in questi minuti i social. Noi ricordiamo ancora la prima collezione couture, e il borbottio del tassista che ci portava alla sfilata contro “l’italienne qui a pris la maison Dior”.

Non sapremo mai quanto Chiuri abbia lottato per imporre il proprio sguardo, e la propria persona, nella casa di moda che più di ogni altra incarna lo spirito francese. Però sappiamo che, mentre il suo ex partner in Valentino, Pierpaolo Piccioli, sta per prendere le redini da Balenciaga, che il gruppo Kering in crisi di liquidità spera di far crescere a sufficienza da riequilibrare il peso, attualmente negativo, di Gucci, lei può dedicarsi all’avventura imprenditoriale per la quale è andata preparandosi con cura negli ultimi quattro anni, e nella quale ha coinvolto, anche a livello azionario, tutta la sua famiglia: il Teatro della Cometa, gioiellino alle pendici del Campidoglio aperto nel 1958 da Anna Laetita Pecci Blunt detta Mimi, grande avversatrice del fascismo, nonna di Gaia de Beaumont, protagonista della vita intellettuale e artistica a cavallo dagli Anni Venti a tutti i Sessanta, sostenitrice anche in solido di una generazione di artisti, da Moravia a Cocteau, Bontempelli, Man Ray.

A lei, Chiuri ha dedicato l’ultima sfilata, con capi che ricordavano molto da vicino la sartoria di quegli anni, ed è evidente che questo nuovo progetto rientri nella sua convinzione di dover dare spazio e voce alle . Non è la sola, in questi ultimi mesi, ad aver scelto di lasciare la moda per dedicarsi davvero all’arte, e non per ragioni di marketing e comunicazione. Solo due giorni  fa, Dries Van Noten ha acquistato a Venezia palazzo Pisani Moretta. Ne farà un centro poli-artistico. La moda, che fra quelle mura organizza da vent’anni le proprie cene sponsorizzate, non saprà più dove andare.