Emma Gonzalez sul palco della “March for our Lives” di Washington (foto LaPresse)

I ragazzi che protestano contro le armi hanno ceduto alla stessa demagogia dei loro avversari

Vogliono mandare a casa tutti i politici disonesti che si sono arricchiti sulle stragi. Tra poteri occulti e demonizzazione dell'avversario ci sono tutti gli elementi codificati della retorica demagogica in stile trumpiano o grillino

Come dice Emma Gonzalez, uno dei volti iconici della strage di Parkland, in Florida, tutti quelli che sono stati coinvolti in qualche misura nel massacro sono stati per sempre “alterati”, e questa alterazione, questa lacerazione umana impossibile da rimarginare è il motivo per cui questi ragazzi meritano pietà, rispetto e simpatia senza distinzioni. Dopo la strage, però, alcuni di loro hanno deciso di trasformare il dolore e la frustrazione in attivismo per denunciare la diffusione mortifera delle armi da fuoco e invocare nuove leggi per la loro limitazione, aggiungendo i loro giovani volti segnati dalla tragedia a un ampio filone di protesta nel paese del Secondo emendamento e dei trecento milioni di armi da fuoco diffuse fra una popolazione di poco superiore in termini di unità.

 

La “March for our Lives” di Washington, organizzata in contemporanea in decine di altre città, ha sancito lo status eroico che Gonzalez e i suoi compagni – e fra tutti spicca il diciassettenne David Hogg – hanno maturato in settimane di interviste, copertine, incontri pubblici, comizi, photoshooting, manifestazioni ed eventi di varia natura per promuovere la causa del gun control. I più cinici e complottisti dicono che il partito democratico ha fatto loro il lavaggio del cervello, la lobby antiarmi li strumentalizza, che sono a libro paga di Soros, che sfruttano la strage per diventare celebrity e con un certo pelo sullo stomaco capitalizzano il loro inatteso quarto d’ora di gloria, ma questo sono, appunto, illazioni senza fondamento.

 

Il problema è quello che questi ragazzi dicono, e come lo dicono. In un’intervista Hogg ha detto che la National Rifle Association (Nra) e tutti i suoi sostenitori “vogliono continuare a uccidere i nostri figli”, cioè che circa cinque milioni di americani coltivano il desiderio esplicito di massacrare innocenti; ha detto anche, sempre nella stessa intervista, che “potrebbero avere la faccia imbrattata del sangue dei bambini e non farebbero comunque niente, perché continueranno a vedere il simbolo del dollari”.

 

All’incontro con il senatore Marco Rubio, organizzato dalla Cnn, una studentessa ha detto che guardarlo negli occhi è come guardare dritto nella canna dell’Ar-15 brandita dallo stragista della Florida, e alla marcia Hogg ha iniziato il suo discorso affiggendo un cartellino al microfono con una cifra 1,05 dollari. E’ il prezzo, ha spiegato, che Rubio assegna alla vita di ogni studente del suo stato: sono i 3,3 milioni di dollari che ha ricevuto dalla Nra divisi per i 3,1 milioni di alunni.

 

Hogg e i suoi compagni non dicono soltanto che la diffusione delle armi è sbagliata e ci vorrebbero nuove leggi, magari l’abrogazione del Secondo emendamento: sostengono che tutti i sostenitori delle armi sono assassini e complici di stragi, che i politici sono corrotti dalla lobby dei fucili, che è tutto un grande magna magna dove girano fiumi di soldi, influenze politiche, loschi interessi globali. E la democrazia, così come la conosciamo, è completamente inadeguata per risolvere il problema, dunque servono energiche forme di protesta per riuscire dove le generazioni precedenti hanno fallito: “I nostri genitori non sanno come far funzionare questa cazzo di democrazia, quindi dobbiamo farlo noi”. I ragazzi della marcia di Washington non vogliono nuove leggi contro le armi, vogliono mandare a casa tutti i politici disonesti che si sono arricchiti sulle stragi. Ci sono, insomma, tutti gli elementi codificati della retorica demagogica in stile trumpiano o grillino, dai poteri occulti alla democrazia diretta passando per la demonizzazione dell’avversario. Dissentire, anche in modo animato e perfino feroce, sulle posizioni politiche di Rubio è ovviamente legittimo, ma sostenere che specula sulle stragi e gode per l’uccisione di teenager in una scuola superiore significa trasecolare in un ambito linguistico e ideologico saldamente presidiato da paranoici e mitomani sensibili ai richiami populisti. In un grande cortocircuito culturale e politico, i ragazzi di Parkland finiscono per somigliare agli idoli polemici contro cui si scagliano. In un momento di profonde divisioni e instabilità sociale, Hogg, Gonzalez e gli altri hanno deciso di usare lo stesso vocabolario demagogico dei loro avversari, semplicemente orientandolo verso uno scopo politico.