L'abbronzatura

Andrea Ballarini

Fine delle vacanze. Mai come in questo periodo dell'anno si giudica dalle apparenze.

Si avvicina la fine delle vacanze e il ritorno in ufficio è dietro l'angolo. Mai come in questo periodo dell'anno si giudica dalle apparenze, ecco perché è essenziale avere delle banalità di qualità da dire se qualcuno parla dell'abbronzatura.

 

- Per quanto neri si possa essere, è sempre ormai già andata via. Dolersene.

 

- Idratare. La parola d'ordine è idratare.

 

- È da sempre un marcatore sociale: all'inizio del secolo scorso era roba da contadini, poi è diventata da ricchi, poi è diventata di tutti e ora l'appartenenza sociale si misura in base all'intensità. Dissertare su quale sia la tacca Pantone che segna il passaggio tra benessere e coattaggine.

 

- Avere una carnagione eburnea fa molto chic, ma solo se si assomiglia all'Isabelle Adjani prebotox, altrimenti un filo di abbronzatura giova sempre. Convenirne.

 

- La pelle color cuoio antico: evitare. A maggior ragione se accoppiata a colpi di sole o capelli biondo spinto; possibili eccezioni per alcuni quartieri di Roma Nord.

 

- Chiedere sempre come faranno quando a quarant'anni avranno la pelle incisa come il codice di Hammurabi.

 

- Segnalare con intento sociologico la decadenza delle lampade UVA, che pure hanno avuto momenti di indiscusso fulgore. Preconizzare un destino analogo a quello del borsello.

 

- Stigmatizzare il maldestro uso degli autoabbronzanti per cui ci si presenta in ufficio a novembre con volti di varie sfumature arancioni.

 

- In anni recenti, oltre un certo volume del nodo della cravatta o di altezza del collo della camicia, qualunque tipo di abbronzatura era da considerarsi crimine contro la morale. Convenirne.

 

- Presentarsi al lavoro a settembre senza ombra di abbronzatura e cercare di indovinare quale sarà il primo collega a commentare il fatto. Bonus se si indovina anche la spiritosaggine: battute su dove si sia lasciata la bara, usurate da decenni.

 

- N.B. Carlo Conti non è un presentatore, è un colore.

 

- Chiedere con tono mondano se anche i neri si scottino e, dopo un serrato dibattito, concludere che sì, a un certo punto si scotteranno anche loro, ecchecaspita. Variante: chiedere se per via del colore scuro non sentano più caldo.

 

- Mai tralasciare di dire a qualcuno pallido: "Mangia delle carote".

 

- Chiedere se il Betacarotene sia una versione di prova del Carotene che uscirà dopo la Worlwide Developers Conference di Apple di settembre. Solo per i target geek.

 

- Per mantenere l'abbronzatura non si dovrebbe proprio lavarsi. Dolersene.

 

- Rammaricarsi che con il diffondersi della cultura del benessere si sia smarrita la dimensione eroica dell'abbronzatura, per cui non si vedono quasi più quei begli ustionati di secondo grado di una volta, che si addormentavano al sole il primo giorno e poi rimanevano paonazzi fino al momento di tornare in città.

 

- Ricordare come da bambino si siano provati i primi turgori in spiaggia, allorché la vicina di ombrellone abbassava le spalline del bikini, che restavano lì a pendere come orecchie di cocker, onde evitare che le restassero i segni. Non addentrarsi in ulteriori dettagli per evitare l'effetto amarcord.

 

- Celebrare gli spot di Bilboa, pionieri del topless pubblicitario in tivù, e stupirsi come dopo anni abbiano rinunciato al loro marmoreo posizionamento. Trarne deduzioni a casaccio sui pericoli di un ritorno del puritanesimo.

 

- Se si è intorno ai cinquanta, cercare di astenersi dal citare Edoardo Vianello (Sei diventata nera; Abbronzatissima; Pinne, fucile ed occhiali); valutare se recitare brani di "La pelle nera" di Nino Ferrer, spiegandone la ben più alta accezione.

 

- Sostenere di poter riconoscere la provenienza geografica delle diverse abbronzature. Preferire quella dorata di Saint-Barthélemy (omettere di precisare: "Quella nei caraibi, non quella in Val d'Aosta"); quella dark delle Maldive, invece, è a tutti gli effetti una poveracciata.

Di più su questi argomenti: