La Francia è salva, adesso tocca all'Italia

Mario Sechi

La tenuta dell'Europa non è a rischio né con le elezioni inglesi né con quelle tedesche. Il cerino è nella mani italiane, ci bruceremo?

San Vittore

E adesso? E adesso tocca a noi, all’Italia. A dire il vero prima ci sono le elezioni nel Regno Unito (8 giugno, May Day), le legislative in Francia (11-18 giugno, non proprio una passeggiata e con molto in gioco per Macron), un appuntamento il 24 settembre con le elezioni della Germania e poi nel 2018 voteranno anche gli italiani. Sempre che a qualcuno non venga la bizzarra idea di andare alle urne in anticipo senza aver fissato almeno una vaga legge elettorale. In ogni caso, né le elezioni inglesi né quelle tedesche sono un problema per la tenuta dell’Unione europea - i Tories di Theresa May faranno un sol boccone del Labour di Corbyn, mentre Angela Merkel sembra inossidabile e il fenomeno di Schulz si è sgonfiato  - mentre il caso del Belpaese è destinato a tenere banco tra i bookmakers per il semplice motivo che il sistema politico italiano è friabile, senza una legge elettorale, tripartito, schizofrenico e dovrebbe custodire e gestire il terzo debito pubblico del mondo. Cosa che finora è stata fatta, sia chiaro, ma a carissimo prezzo per gli italiani di oggi (non c’è spazio fiscale e l’imposizione resta altissima) e di domani (che prima o poi il debito dovranno restituirlo in qualche forma). Messa così la faccenda, è a noi che passa il cerino. Ci bruceremo le dita? Proviamo a ragionare partendo dal caso francese e dall’elezione di Macron. Seguite il titolare di List.

 

Il senza partito (e Renzi). Il presidente eletto Macron fa parte della squadra di quelli che hanno conquistato la cima della politica senza avere un partito alle spalle. E’ compagnia di Beppe Grillo in Italia e di Donald Trump negli Stati Uniti. Il Movimento 5Stelle è tutt’ora difficile da definire come partito, il Partito repubblicano come si è visto durante la campagna presidenziale non è Trump e mai lo sarà. I turborenziani ora macronizzati dicono: anche noi! No, cari, Renzi questo tratto non ce l’ha perché la sua genesi è nel Pd, il suo cammino è con il Pd e quando si è trovato a un bivio tra il Pd e un’avventura non ideologica, non settaria, larga e aperta ai contributi di tutti, ha scelto il Pd. Dunque Renzi non è Macron anche se tra i due una cosa in comune esiste: il vuoto da riempire. Calma, non è una perfida battuta del titolare di List, è un complimento: i due sono post- tutto. Non sono liberali fino in fondo (Macron lo è, ma non può esserlo in Francia), non sono socialisti (Macron oggi non può dirlo o esserlo neanche sotto tortura, Renzi non lo era già per ragioni biografiche e tra poco ancor più per ragioni politiche), non sono destri (ma possono fare scelte di destra), sono ottimisti (e per vincere le guerre ne serve parecchio), sono giovani e questo in un mondo senile come quello di Francia e Italia è un vantaggio. Il problema di Renzi è il Pd, un partito che sembra finora incapace di aggregare voti, mentre Macron non ha un partito, è En Marche! lo sta inventando e può giocare sul fattore De Gaulle, allargare la sua maggioranza, fare mélange con le anime disperse della politica francese. L’elezione di Macron è uno shock, il modello di partito e programma scelto da Renzi ieri è invecchiato di colpo, sembra un residuato bellico del Novecento.

 

La Grosse Koalitalien. Che si fa? Il punto italiano, quello che conta per gli analisti e i mercati, è tutto nell’instabilità del quadro: per ora non ci sono i numeri neanche per la Grosse Koalitalien tra Renzi e Berlusconi. Dentro questa incertezza il mercato fa fatica a vedere una soluzione di sistema che, infatti, non c’è. Osservare la camminata di Lady Spread in questi casi è utile: lo spread tra Btp e Bund, a rigor di logica, dopo l’elezione di Macron dovrebbe abbassarsi, invece…. il 5 maggio scorso aveva chiuso a quota 175, stamattina ha superato quota 180, mentre il differenziale tra il Btp e i Bonos spagnoli rispetto al Bund è di 64 punti base, un abisso. Ecco il grafico dell’andamento Btp-Bund stamattina alle ore 11:

 

 

L’andamento è procede a strappi, segno che qualcosa agita i trader. Cosa? Il sospetto che il barilotto di esplosivo che farà saltare l’Unione – o la metterà in seria difficoltà – è passato di mano, è in Italia. Fino a quando c’è il quantitative easing, ogni sussulto può essere domato, ma il punto è proprio quello: fino a quando?

 

Draghi e l’Italia. La soluzione – e la complicazione – è tutta nel programma di acquisto di titoli di Stato da parte della Banca centrale europea. Per l’Italia è stato il salvagente anche in un periodo di pax finanziaria, ma guardate l’ascesa monstre del bilancio consolidato della Bce e chiedetevi per quanto possa essere sostenibile un programma di acquisti in un periodo di buon andamento dell’economia dell’eurozona:

 

 

Merkelandia. Draghi potrà continuare nella sua politica? Tutto dipende da come (ri)funzionerà l’asse tra Parigi e Berlino. Stamattina il giornale economico tedesco Handelsblatt offre la visione teutonica del tema: l’allenza con la presidenza di Hollande non ha funzionato (nell’interpretazione tedesca significa che non ha funzionato per la Germania), il vero alleato di Macron potrebbe essere Sigmar Gabriel, socialdemocratico, ex ministro dell’Economia, oggi agli Esteri, ma il problema è che il partito di Gabriel non sembra destinato alla vittoria e le politiche di rilassamento dell’austerità hanno poche chance con una probabile riconferma di Merkel come cancelliera. Il quarto mandato di Angela è vicino, ieri le elezioni nello Schleswig-Holstein hanno visto l’affermazione della Cdu e la Spd perdere la sua maggioranza locale. E fanno due, dopo l’affermazione di Merkel qualche settimana fa nel Saarland. Sono segnali chiari, è sempre Merkelandia. La traduzione si chiama Schauble, il ministro delle finanze, il falco che non ha mai manifestato alcuna intenzione di cedere sui principi contabili dell’Unione. Macron potrà anche fare pressioni, ottenere un vantaggio per la Francia, ma quella dell’Italia è tutta un’altra storia.

 

Che storia? Alitalia! La metafora del nostro paese ha la livrea di Alitalia: ha perso circa 600 milioni nel 2016 e nei primi tre mesi del 2017 è riuscita a zavorrare le ali con altri 200 milioni di rosso. Non è una compagnia aerea, ma una fornace.

 


 

8 maggio. Nel 1429 Giovanna d'Arco, alla testa delle armate francesi, libera la città di Orléans dall'assedio inglese.