Il ripetente

Mariarosa Mancuso

Veronesi vinse già nel 2006, ma lo candidano (in versi) i potenti Scrausi. Se c’è “tanfo di trattoria”, non si sente

Dei sei candidati alla fascetta Strega 2020, Sandro Veronesi è il ripetente. Ha già vinto nel 2006 con “Caos calmo” (adattato per il cinema da Nanni Moretti). Ci riprova con “Il colibrì” (La Nave di Teseo), candidato come due precedenti suoi libri dall’Accademia degli Scrausi. In origine, giovani cultori e studiosi della lingua italiana, con un voto da spendere: Veronesi è “scrauso ad honorem” dal 1992, dell’Accademia fa parte anche Stefano Petrocchi, direttore della Fondazione Bellonci e segretario del comitato direttivo Strega (ma non c’è conflitto di interessi, giammai). Forniscono una motivazione in versi, con acrostico: lettere e sillabe iniziali formano il titolo e il nome dell’autore: “VErità atroci esibite e non viste / ROcce di pagine e suicidi a strati / NEgli anni sospesi. E un’unica gabbia / SI sogna da sola un sorriso triste”.

 

In prosa, sempre degli Scrausi: “La forza commovente del suo protagonista Marco Carrera. Preghiamo per lui e per tutte le navi in mare”. Prima di aprire il romanzo a pagina 69 ci siamo fatti più che un’idea. Molto hanno aiutato le decine e decine di articoli usciti da quando la candidatura è stata annunciata (il regolamento lo permette). “Il colibrì” è il soprannome di Marco Carrera, fino a quindici anni piccolo e minuto. Come l’uccellino, spende tutte le sue energie per restare fermo sul posto mentre tutti avanzano. Sa perfino volare all’indietro.

 

“Racconti di luce e di fili inventati”, dicono gli Scrausi alla “R” di SandRo. A pagina 69 stiamo su un aereo al momento dell’imbarco. Duccio Chilleri, che supponiamo amico di Marco Carrera, ha una crisi isterica. “Siete già morti e volete ammazzare anche me”, dice ai passeggeri. Appena prima, si era messo “a gridare chiedendo se ci fosse una persona famosa a bordo, un calciatore, un attore, un VIP – uno al quale la vita avesse mai sorriso”. Marco Carrera interviene: “Gli cinse le spalle, lo spinse di nuovo a sedere. S’industriò a calmarlo, con dolcezza, abbracciandolo, resistendo al tanfo di trattoria di cui era intrisa la sua giacca, e allo stesso tempo cercando di calmare anche le altre persone che, lì intorno, cominciavano a innervosirsi”.

 

“Tanfo di trattoria” è il dettaglio che lo scrittore professionista lascia cadere per speziare una descrizione (devono vedere e ascoltare e annusare qualcosa più di noi, se no perché li dovremmo leggere?). Funziona allo stesso modo e sul lettore ha lo stesso effetto – collocato in un punto intermedio tra l’ammirazione e l’irritazione – quando capita troppo spesso l’ingresso “nell’aeromobile” dei giovani esploratori.

 

Sempre a pagina 69: “Duccio Chilleri insorse: no! I boy-scout no! Si parò davanti al primo della fila, un ragazzone irsuto e massiccio, particolarmente ridicolo nella divisa da capo pattuglia: dove credete di andare, voi?”. Pagina 69 non rivela i motivi di tanta isteria, che passa a vie di fatto: “Duccio Chilleri aveva perso il controllo: agguantava la testa dei boy-scut terrorizzati, la scuoteva – assassini, gridava, andate via! –, e quando alcuni cominciarono a reagire, e presero a volare spintoni e insulti, Marco Carrera capì che il weekend a Lubiana era sfumato”.

Saltando di cento pagine, alla 169 – la 99 era troppo oscura per il carotaggio – troviamo ideogrammi cinesi e una lunga parentesi in corsivo su Osamu Tezuka, il “Dio dei manga”. David Foster Wallace, da lassù, lancia uno sguardo benevolo. Il 2 luglio prossimo: scrutinio, voti sulla lavagna, bevuta dalla bottiglia. Comunque andrà, polemiche. E qualche (non sempre sotterraneo) regolamento di conti.

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