recensioni foglianti

Cucinare un orso

Alessandro Litta Modignani

Mikael Niemi
Iperborea, 507 pp., 19,50 euro

A dispetto del titolo poco indovinato, che farebbe pensare a una bucolica fiaba scandinava, Cucinare un orso è un romanzo avvincente, al contempo incalzante e delicato, macabro e violento, dolce e triste; un mix di vari generi letterari, che colloca a pieno titolo Mikael Niemi – notissimo in Svezia per il suo Musica rock da Vittula – nell’ambito della narrativa contemporanea cosiddetta postmoderna. Apertamente ispirato a Il nome della rosa, il libro è ambientato alla metà dell’Ottocento in un piccolo paese della Svezia, e narra la vicenda di Laestadius, un pastore protestante realmente esistito, protagonista di un controverso “risveglio” religioso e spirituale che, nel tentativo di contrastare l’alcolismo e restaurare la morale, provocò sommosse popolari poi sfuggite di mano agli stessi promotori del movimento. Coprotagonista del romanzo, accanto al pastore, è Jussi, l’io narrante, un giovane e sventurato ragazzo lappone, raccolto per strada in condizioni miserevoli e adottato dal religioso, che lo educa e lo istruisce fino a trasformarlo nel suo più fidato collaboratore.
Laestadius indaga sulle brutture degli esseri umani, scava nel profondo delle coscienze, turba la tranquillità dei potenti. Una ragazza improvvisamente scompare, gettando il villaggio nello sconforto e nell’angoscia. Si organizzano le ricerche nei boschi. Il pastore e il suo giovane segugio mettono a frutto le conoscenze scientifiche, lo spirito d’osservazione, la logica empirica, infine trovano il cadavere della giovane, la cui morte viene sbrigativamente attribuita all’aggressione di un orso (da cui il titolo, che per il resto non c’entra nulla). Apertamente ostile a Laestadius è il pigro e ambiguo procuratore Brahe, un ubriacone tronfio e cialtrone, desideroso di archiviare rapidamente la pratica, contro ogni evidenza. L’indagine minuziosa dei nostri investigatori privati, invece, fa capire che un pericoloso stupratore si aggira in libertà nei dintorni.
Gli avvenimenti si susseguono a ritmo serrato: una seconda morte, dopo un fallito tentativo di stupro, viene considerata un suicidio; una terza, per cause naturali. Laestadius e Jussi continuano a raccogliere preziosi indizi, sulle tracce dell’assassino, ma Cucinare un orso non è solo un banale poliziesco: è anche un trattato teologico-religioso, un ispirato romanzo d’amore, un film horror, con la descrizione minuziosa dei particolari più raccapriccianti, in un clima sempre più cupo, dai contorni medioevali. Grazie a un geniale rovesciamento, i religiosi sono gli illuminati, mentre le autorità laiche esercitano il potere con mentalità oscurantista e ottusa.
Alla metà del Diciannovesimo secolo, le impronte digitali, le prime fotografie, le nuove scoperte della chimica non sono ancora ammesse nelle aule dei tribunali. La modernità avanza molto lentamente, la verità fatica a farsi strada e la giustizia non è di questo mondo. Dopo vari colpi di scena e alterne vicende, il finale sarà tragico e sorprendente, lasciando nello sgomento lo sconcertato lettore.

 

CUCINARE UN ORSO
Mikael Niemi
Iperborea, 507 pp., 19,50 euro

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