I quartetti per archi di Mozart

Mario Leone
Sandro Cappelletto
Il Saggiatore, 256 pp., 22 euro

    E’ il 15 marzo 1770. Wolfgang Amadé Mozart e suo padre Leopold hanno viaggiato in calesse, per trentatré chilometri , da Milano a Lodi. E’ sera. Si fermano in una locanda, dove ora sorge l’attuale stazione di Lodi. Wolfgang, quattordicenne, in preda a un incontrollabile desiderio di scrittura, si sistema in una stanza silenziosa, tira fuori il suo quadernino, la penna e inizia a scrivere il suo primo quartetto d’archi. Erano le sette di sera. Mozart scriverà ben tre movimenti. Il quarto verrà inserito qualche anno dopo. E’ la prima tappa di un viaggio musicale molto più lungo che conterà ventitré fermate. L’autore, fine musicologo e scrittore, ci conduce in questo viaggio tra i Quartetti mozartiani  con i toni del ricercatore e dell’educatore, con un linguaggio multiforme che spazia dallo storico al poetico, passando per il narrativo e il didascalico. Gli strumenti utilizzati sono le stesse parole di Mozart, attraverso le numerose lettere che il compositore soleva scrivere e le testimonianze dei contemporanei. E’ quindi tratteggiata non solo la storia di un forma, quella del quartetto, ma anche il racconto di un preciso periodo storico (siamo in pieno Illuminismo) delle vicende di vita pubblica e privata dello stesso Mozart. Il testo porta alla luce un altro aspetto decisivo nello sviluppo di questa forma. Quando Mozart scrive i Quartetti ha presente un amico, una guida e un maestro: Joseph Haydn. Questi ne diventerà dedicatario di ben sei e sarà anche il primo a suonarli, studiarli ed esserne influenzato. Scrive così in italiano: “Al mio caro amico Haydn. Un padre, avendo risolto di mandare i suoi figli nel gran mondo, stimò doverli affidare alla protezione e condotta di un uomo molto celebre in allora, il quale per buona sorte era per di più il suo migliore amico. Eccoti del pari, celebre uomo ed amico mio carissimo, i miei sei figli. […] Piacciati dunque accoglierli benignamente ed esser loro padre, guida ed amico”. Molto più di una dedica. Una dichiarazione d’amore e stima sugellata il 15 gennaio 1785. A casa Mozart sarebbero stati eseguiti i primi tre Quartetti dedicati ad Haydn, alla sua presenza. Mozart e papà Leopold ai due violini. Altri due amici musicisti a viola e violoncello. In fila. Come la tradizione viennese indicava per l’esecuzione dei quartetti. Haydn molto attento prima all’ascolto e poi desideroso di suonare, prendendo il posto di Amadé o di Leopold. Terminata l’esecuzione, la cena. E quella frase sussurrata a Leopold Mozart:  “Vi dico davanti a Dio, come uomo d’onore, che vostro figlio è il maggior musicista ch’io conosca di persona o di reputazione. Ha gusto e, ciò che più conta, un grandissimo mestiere compositivo”. Erano le sette di sera.

     

    I QUARTETTI PER ARCHI DI MOZART
    Sandro Cappelletto
    Il Saggiatore, 256 pp., 22 euro