
Teoria delle ombre
Adelphi, 200 pp., 18 euro
Le fotografie che fecero in fretta il giro del mondo alimentarono il dubbio che la scena fosse stata manipolata, un’abile messa in scena. L’incongruo cappotto che l’uomo in poltrona indossava, anziché la consueta giacca da camera, davanti al tavolino coi piatti e la scacchiera spostata di lato, avrebbe dovuto aumentare le perplessità. Ma il governo portoghese, e forse non solo lui, aveva fretta di accreditare la versione della morte naturale e di non sollevare scandali. Da quella mattina del 24 marzo 1946, in cui Alexandre Alekhine fu trovato senza vita nella sua camera all’Hotel Do Parque a Estoril, la sua morte è però diventata un piccolo classico fra quei misteri in cui la storia minore e non ufficiale sembra riflettere e illuminare la grande Storia. Un caso che appassiona da decenni non soltanto gli scacchisti. Alexandre Alekhine era il campione del mondo in carica, secondo molti il più grande e geniale scacchista mai esistito, l’uomo che alla fine degli anni 20 aveva battuto nel più epico dei duelli José Raúl Capablanca, il campione cubano. Russo di nascita – Alekhine è traslitterazione francese per Aleksandr Aleksandrovich Alechin – eccentrico, altezzoso, alcolista in bolletta e ormai minato nel fisico e prossimo alla morte, alla fine della Guerra mondiale si era ritirato in Portogallo, in attesa di tempi migliori. Perché nel suo personaggio, che pure era vissuto nel culto esclusivo degli scacchi, “lo sport più violento che esista”, ci fu anche altro: una lunga e indecifrabile “teoria delle ombre” che l’avrebbe condotto, come una partita impossibile da vincere, fino alla morte. Fuggito dalla Russia dopo la Rivoluzione, rifugiato in Francia, sospettato di spionaggio e collaborazionismo, amico di gerarchi nazisti – tra cui Hans Frank, governatore della Polonia e scacchista a sua volta – Alekhine aveva scritto anche articoli di antisemitismo applicato alla teoria degli scacchi. Chi poteva volerlo morto nel 1946, proprio quando era stato finalmente convocato un nuovo incontro per il titolo mondiale? I servizi francesi, impegnati nella caccia ai colaborazionisti? Stalin, spaventato che un “traditore” dell’Urss potesse battere lo sfidante prescelto, esponente della nuova scuola scacchistica sovietica? O forse fu solo la sua malattia? La vicenda è nota, Maurensig non aggiunge nuovi dati alle congetture conosciute. Lo scrittore friulano torna al tema degli scacchi a vent’anni dal suo sorprendete esordio, “La variante di Luneburg”. Non raggiunge qui la stessa forza magnetica, alchemica, di quel primo romanzo. Ma l’intrigo perfetto di scacchi e Storia merita il racconto, e la lettura.
TEORIA DELLE OMBRE
Paolo Maurensig
Adelphi, 200 pp., 18 euro