Il Giannone - omaggio a Guido Ceronetti

Redazione

    Mai premessa fu più giusta: raccontare Guido Ceronetti è arduo, e la cosa più facile “è scivolare nella palude dei luoghi comuni”. Il semestrale di cultura e letteratura “Il Giannone” ci prova, in quello che appare come un omaggio al suo genio e alla sua “nonostante tutto incrollabile fede nella dignità dell’uomo”. L’ouverture si ha con la ricostruzione e il commento di tre carteggi, da quello con Aldo Capitini a quello con Leonardo Sciascia, per concludere con lo scambio epistolare avvenuto tra “l’alipede Ceronetti”, che “è sempre altrove, da un’altra parte”, e Giosetta Fioroni. E’ poi la volta delle interviste, dei saggi e delle testimonianze. Solo alla fine, si dipana un’antologia critica tra le cui firme troviamo (tra i tanti altri) Elémire Zolla, Giuseppe Pontiggia, Sergio Quinzio e Giovanni Arpino. Scrive il curatore Antonio Motta che “Ceronetti è moderno, affila le sue armi non sui polverosi ebdomadari ma sulle pagine dei grandi giornali nazionali. Cinquant’anni di articoli urticanti, sovversivi, anticonformisti, in cui si è battuto da leone contro i mostri”. Lo definisce “Ensor delle lettere”, che sferza “le nostre incartapecorite abitudini mentali, materiali, fisiche”. Lo fa con uno stile immediatamente riconoscibile e una prosa sovente rancorosa. Filippo La Porta, non a caso, parla di stile in cui emergono indignazione civile, rabbia, malinconia, feroce invettiva degna di un predicatore medievale o di un quadro di Bosch. “Un continuo sfogo torrenziale contro la verbosità vacua e cannibalesca del nostro tempo, quasi una cura omeopatica”. Osservava Giorgio Manganelli nel 1976 che Ceronetti “ha sempre e soltanto torto”, dove per torto si intende “il privilegio della letteratura”, cosa che il protagonista omaggiato dal semestrale “esercita senza ritegno”. Ceronetti, aggiungeva Manganelli, “è troppo intelligente per essere un intellettuale e troppo pensoso per essere un pensatore”. E’ un manicheo, un manicheo “dalla parte del Male”. Notava Roberto Calasso che “nessuno scrittore italiano di oggi è riuscito a stabilire un rapporto di complicità con i suoi lettori” come lui e ciò lo si deve, forse, al merito d’aver orientato tutta la sua saggistica allo smascheramento della menzogna. Per anni ci s’è domandati se Ceronetti fosse un conservatore o un eversore, senza sapere che lui stesso aveva fornito la risposta nel suo “Elogio del bottone”: “Dicono che io sia un reazionario perché cerco e porto calzoni coi bottoni. Ma io sono per un’apertura abbottonata, mentre Lampo è sempre una chiusura”.

     

    Scrittori come lui, chiariva Pontiggia, “sono preziosi per l’antidoto che offrono all’idolatria del conformismo (o dell’anticonformismo, che è lo stesso), per la capacità di esorcizzare il demone della sclerosi mentale che soffia nei meandri del linguaggio, e per il piacere che dà la loro lettura”. Di notevole rilievo è il carteggio tenuto con la pittrice Giosetta Fioroni. Le lettere raccolte coprono un arco di tempo quasi trentennale, che spazia dal 1980 al 2006, relative all’attività del Teatro dei Sensibili. Una corrispondenza che non s’è conclusa, ma da nove anni è scemata assai in intensità. Sono riprodotte anche le buste “artistiche” (abbondante l’uso dei colori più sgargianti) che i due si sono scambiati negli anni.
    Alla fine, per non rimanere impelagati nella palude dei luoghi comuni di cui scriveva Motta nella premessa al dossier, conviene seguire il consiglio di La Porta: “Suggerisco di leggere Guido Ceronetti come lui stesso ama definirsi: scrittore satirico. E anzi è il maggior scrittore comico-satirico del nostro paese, accanto a Piergiorgio Bellocchio (mentre non lo è Stefano Benni, con la sua stralunata epica troppo manichea e con il suo stile spesso corrivo)”.

     

    IL GIANNONE
    OMAGGIO A GUIDO CERONETTI

    Centro Documentazione Leonardo Sciascia / Archivio del Novecento, 294 pp., 50 euro