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lettere al direttore

Non è semplificando gli esami che avremo medici più preparati

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Se mediamente l’85 per cento dei maturati italiani che si sono iscritti al primo semestre di Medicina non prende la sufficienza nelle tre materie di esame, qualche domanda bisognerà pur farsela, un po’ più profonda del “vuol dire che non hanno copiato”. Secondo i dettami ormai consolidati della pedagogia didattica, quando le prove di esame hanno risultati catastrofici, la responsabilità è sempre sulle spalle di chi insegna e di chi valuta. L’ipotesi più verosimile è che le prove di valutazione non siano state correttamente pesate per i contenuti e la qualità dell’insegnamento fornito. Diventa difficile porci rimedio in una settimana e arriveremo al paradosso di avere meno iscritti a Medicina dei posti disponibili: l’esatto contrario di quello che questa sciagurata riforma voleva ottenere.

Silvio Scarone
Già presidente del consiglio di corso di laurea di Medicina e chirurgia all’Università degli studi di Milano

 

Ragionamento impeccabile. Ma con un corollario. Siamo davvero sicuri che il modo migliore per avere medici più preparati sia quello di rendere gli esami più semplici e non quello di preparare meglio e far preparare meglio i medici del futuro? Il buon senso è un tema, non c’è dubbio, ma le scorciatoie non sempre funzionano. Suggerisco l’editoriale a pagina tre, proprio su questo tema.

 


 

Al direttore - Si arriverà mai al punto in cui la stampa, senza tralasciare nulla per la cronaca, anzi entrando sempre pure nei dettagli, si asterrà però dall’esprimere giudizi di colpevolezza sotto il profilo giuridico, come sta accadendo per una serie di episodi, nazionali ed europei, a cominciare, ad esempio, dalla vicenda dell’Ops del Monte dei Paschi su Mediobanca? Ricordo che, ai tempi, furono scritte migliaia di pagine per diversi anni, additando presunti responsabili e ipotesi di reato, sulla scalata della Bnl da parte del Bbva e, prima, di Unipol. Quando poi la Cassazione confermò, per gli imputati, la sentenza di piena assoluzione della Corte di appello sulla insussistenza del fatto, il Foglio fu l’unico giornale che ne diede ampia notizia e pubblicò subito una mia lettera che segnalava il microtrafiletto dedicato da Repubblica all’assoluzione, dopo la caterva di pagine impiegate negli anni per questa vicenda. Si profila un “bis” o un “ter in idem”?

Angelo De Mattia

 


 

Al direttore - Negli ultimi due anni le università italiane sono state spesso centro di propaganda filopalestinese e anti israeliana. Anche l’Università di Padova è stata attraversata da questa ondata di propaganda e, dopo una certa resistenza delle autorità accademiche e della rettrice Daniela Mapelli, il Senato accademico, nella seduta del 5 luglio u.s., ha approvato una mozione di quasi-boicottaggio di nuovi accordi istituzionali con atenei israeliani. La premessa della mozione – il Senato accademico constata il “proliferare delle violazioni sistemiche dei diritti umani fondamentali del popolo palestinese” e l’“esacerbarsi dell’azione militare dello stato di Israele a Gaza” e “condanna … tutte le ripetute violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani compiute dalla stato di Israele, certificate dall’Onu, dalla Corte penale internazionale e dall’Unione europea” – si inseriva pienamente nella corrente narrazione filopalestinese e anti israeliana ed era stata ispirata, per ammissione della stessa rettrice, dal Centro di ateneo per i diritti umani dell’Università di Padova. Concordata una labile tregua ai primi di ottobre tra Israele e Hamas e avviato un processo di pace in medio oriente patrocinato dal presidente americano – una possibilità concreta e realistica di fermare la guerra, garantire sicurezza a Israele e aprire spazi di riconciliazione per il popolo palestinese – sarebbe stato lecito aspettarsi da chi si doleva per le indubbie sofferenze del popolo palestinese uno slancio entusiastico verso il processo di pace, un sostegno pratico e teorico al processo di pace. E invece che cosa fa il patavino Centro di ateneo per i diritti umani avvicinandosi l’annuale ricorrenza della Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese? Ha organizzato per il 29 novembre una giornata sul tema Palestina, il diritto di agire. Si tratterebbe di una giornata “formativa e operativa per attiviste e attivisti, con giuriste e giuristi, docenti, giornaliste e giornalisti italiani e palestinesi, testimoni, operatori degli interventi umanitari e studentesse e studenti, con lavori di gruppo nel pomeriggio”. Questa iniziativa, oltre a rappresentare l’ennesimo tentativo di mistificare il significato della risoluzione dell’Onu del 29 novembre 1947 sulla partizione della Palestina mandataria, è stata marcatamente faziosa e ha attaccato l’esistenza dello stato di Israele. L’invito al boicottaggio e la presenza di un rappresentante del Bds l’hanno qualificata definitivamente come tale. Riteniamo inaccettabile che una iniziativa di propaganda filopalestinese e anti israeliana venga ospitata in aule dell’Università di Padova, che sia aperta dal saluto di Monica Fedeli, una pro rettrice dell’Università di Padova, e che si usino risorse dell’Università di Padova spacciandola per attività formativa. L’uso di strutture e risorse pubbliche per scopi di parte e senza un contraddittorio non ci sembra legittimo e non fa onore all’Università di Padova che ha un motto – Universa universis patavina libertas – che viene calpestato dai molti presunti operatori di pace che pullulano tra gli invitati della giornata formativa. Non sono interessati alla solidarietà con il popolo palestinese, sono interessati a odiare lo stato ebraico.

Marco Narici

Marco Tullio Liuzza

Pompeo Volpe

Angelo Antonini

 

 

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