le lettere

La sinistra messa in crisi da una destra che è l'unico argine agli estremismi

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Un’osservazione veloce ma assai seria sulla cultura politica della destra liberale o, come preferisco, liberalconservatrice, perché i liberali cosmopoliti della repubblica mondiale e dei diritti universali mi allarmano per il loro eccesso di razionalismo e dogmatismo, mentre i conservatori comunitaristi mi rassicurano di più riguardo alla mia identità italiana, europea e cristiana (il lievito, siamo d’accordo? di tutta la nostra civiltà occidentale). La riforma di destra del premierato, salvo per l’elezione diretta del premier che, io ritengo, non è necessaria ed è piuttosto d’ingombro, è genuinamente liberale per il suo assetto complessivo. Con quell’abito, l’Inghilterra, per dire, c’è nata e ancora lo porta con eleganza. Così come lo portano tanti paesi europei. La riforma elettorale proporzionale con premio di governabilità, anch’essa di destra, risponde a una esigenza liberale, perché assicura la rappresentanza ma non trascura affatto che il compito delle elezioni è stabilire chi governa e non solo rappresentare le correnti politiche di chi è governato. La stessa sinistra democratica più volte ha lamentato la debolezza dei nostri esecutivi e più volte si è provato a porvi rimedio. La separazione delle carriere fra giudici e pubblici ministeri, sostenuta dalla destra, è sicuramente liberale e garantista. Oggi bandiera di Giorgia Meloni, fu sostenuta dai socialisti del grande Giuliano Vassalli, con il suo codice accusatorio e approvata per iniziativa di Forza Italia con la sua riforma del “giudice terzo e imparziale”. Anche in quel caso, la sinistra democratica fu determinante per l’approvazione della riforma. Liberale, e liberalconservatrice, e di destra, è anche la riforma delle autonomie. Sostenuta fin dall’inizio dalla Lega, fu approvata dalla sinistra al governo. Salvo imperfezioni e difetti di costituzionalità, non c’è dubbio che quella riforma va verso l’istanza liberalconservatrice di dare più peso alle comunità e meno allo stato napoleonico. Infine, di destra e genuinamente liberale, è il salutare rifiuto della norma sul consenso attuale e esplicito che si vuole prevedere in materia di rapporti sessuali. Così come è stata frettolosamente e ideologicamente scritta, quella norma vìola due capisaldi della civiltà europea liberale, l’onere della prova in capo all’accusatore e la presunzione di innocenza dell’accusato. Insomma, un  bel po’ di liberalismo si fa strada nella destra e scuote la sicumera di chi è abituato a dire “destra = fascismo”, “sinistra = democrazia”. Ma, allora mi domando, se spunta prepotente nei fatti, perché ancora tanta cautela nella teoria? La destra che pratica a fiuto il liberalismo dovrebbe avere un po’ più di coraggio e dotarsi, senza paura o dubbi o reticenze, di una esplicita dottrina liberalconservatrice. E di uno strumento adeguato a questa dottrina, cioè un fiero partito liberalconservatore. Fra una decina di giorni si terranno a Roma gli Ecr Study Days, un’occasione promossa dai conservatori europei. Buona notizia, promettente e molto utile. Perché una sana dottrina liberalconservatrice può servire per contrastare la preoccupante crisi mondiale della democrazia, evitare ritorni nostalgici, bloccare tentazioni autoritarie. Dunque al lavoro, amici di destra! 
Marcello Pera

  

Un’annotazione ulteriore. La destra si è ormai impossessata in modo diabolico dell’immaginario politico legato al nostro presente e al nostro futuro. La sinistra ha concesso alla destra di far proprie battaglie che di destra non sono. E il risultato è che la destra è diventata, in molti paesi, l’unico argine non solo alla sinistra illiberale ma anche alla destra più liberticida. C’è lavoro per la destra, per non farsi inghiottire dagli istinti molto illiberali e poco conservatori. Ma c’è ancora più lavoro a sinistra per evitare che in futuro la destra moderata non sia l’unica risposta possibile agli estremismi di destra e di sinistra, e per evitare in definitiva che la destra sia magistralmente, di fronte ai problemi del mondo, virus e antidoto.


 

Al direttore - Nell’articolo di Lorenzo Bini Smaghi sul Foglio del 29 novembre sul tema dell’oro della Banca d’Italia, di cui condivido il senso generale, si afferma che “una proposta di legge simile fu presentata nella primavera del 2019 (stavolta il presidente era Giuseppe Conte e Giovanni Tria il ministro dell’Economia) ma non vi fu poi dato seguito, anche a causa del crollo del governo nell’estate di quell’anno”. Non so se intenzionalmente o meno, sembra adombrarsi l’idea che si trattasse di una iniziativa condivisa da quel governo e dal suo ministro dell’Economia. Non fu così. Qualcuno, non ricordo chi, sollevò effettivamente il problema ma fu subito bloccato. L’iniziativa non ebbe alcun seguito non perché cadde il governo, ma perché immediatamente non trovò alcuno spazio e non fu mai presa in considerazione, tramite il ministro dell’Economia, dal governo.  
Giovanni Tria